(elisa moro) – Quando l’impensabile, fino a poco tempo fa, diventa possibile.

Una pagina di storia per l’intera città e Diocesi di Ivrea si è scritta in questi giorni di festa per il Santo Patrono.

L’ospite d’onore dell’edizione 2024 di San Savino, Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, giunto su invito di Mons. Edoardo Cerrato per l’occasione, permette di volgere un pensiero al delicato e attuale tema dell’ecumenismo, facendone un bilancio, seppur parziale all’argomento.

Partendo dalle parole che lo stesso Patriarca ha diretto ai tanti convenuti a Sant’Ulderico, per la veglia di preghiera, nel primo dei suoi tre interventi, due nella terra canavesana e uno a Torino (sono tutti e tre, anche quello fino ad ora inedito presso la parrocchia ortodossa della Natività di San Giovanni Battista, ripresi integralmente nel video che accompagna questa pagina):

veramente era impensabile un tempo che il Patriarca Ecumenico venisse da Oriente per festeggiare assieme al Vescovo locale, in una Diocesi storica e antica della Chiesa d’Occidente, la memoria dei Santi”.

I Santi, testimoni del Vangelo, martiri dei primi secoli, della Chiesa ancora indivisa, definiti da Bartolomeo “corridori del cielo”, sono l’esempio di unitarietà, il richiamo ad un legame solido e antico, coloro che ancorano la vita a Cristo, o, citando un teologo bizantino del 1300, Nicola Cabasilas, sono coloro che diventano prossimi “al mistero stesso di Cristo”.

Un dialogo, quello ecumenico, tra le due Chiese sorelle, percorso su un “sentiero irto di difficoltà” nel corso degli anni, ma che ha visto, come pionieri di quest’opera, San Paolo VI e il Patriarca Athenagoras.

Questa speranza si è poi ravvivata e rinnovata, negli anni, grazie ai rispettivi successori sulla Cattedra di Pietro e su quella dell’Apostolo Andrea, fino all’incontro del 25 maggio 2014 a Gerusalemme, tra Papa Francesco e Bartolomeo.

Andando a ritroso, già la sera del 13 marzo 2013, Bartolomeo I, ascoltando le prime parole del novello Papa Francesco, affacciato dal balcone della Basilica di San Pietro, prese il primo aereo e arrivò a Roma per poterlo incontrare.

E fu il primo Patriarca di Costantinopoli a partecipare alla cerimonia d’inizio di un pontificato in Vaticano.

Le parole che lo colpirono?

«E adesso incominciamo questo cammino: Vescovo e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità tutte le Chiese».

Francesco riprendeva le parole esatte di un teologo del primo secolo, un Padre della Chiesa, allora indivisa, e venerato poi santo dalla Chiesa ortodossa quanto dalla Chiesa cattolica: sant’Ignazio di Antiochia, detto l’Illuminatore.

E con quelle parole, evidenziando che è Vescovo di Roma affermava ed evidenziava anche il compito che gli è affidato in quanto Successore di Pietro: quello dell’unità.

Da sempre, infatti, il Vescovo di Roma è chiamato a custodire, a ricercare e a servire l’unità, con tutti i fratelli cristiani, per rispondere alla preghiera di Cristo stesso al Padre che chiede che tutti Ut unum sint, tutti siano una cosa sola(Gv 17,21).

Francesco, nella celebrazione della sua prima Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nel gennaio 2014, aveva invitato “a porsi di fronte a Cristo” per comprendere come le separazioni tra cristiani non possono in alcun modo essere considerate qualcosa di naturale, inevitabile, come avviene per qualunque associazione, perché la Chiesa non è un’associazione, ma il corpo di Cristo, il quale non è diviso, ma viene “ferito proprio dalle divisioni, che sono scandalo per il mondo”, indebolendo il messaggio salvifico che i cristiani sono chiamati ad annunciare e a vivere nel mondo.

Un impegno concreto quello di Papa Francesco, ricordato anche dal Patriarca nella lunga e densa prolusione di giovedì sera, integralmente filmata, che non può essere occasionale od opzionale, ma a cui si deve puntare, per la stessa credibilità del messaggio evangelico, come afferma Evangelii Gaudium, riprendendo il decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio.

Oltre alla Veglia in Sant’Ulderico, il Patriarca si è recato, nella mattinata di venerdì 5 luglio presso la Cappella della Santa Sindone di Torino, accompagnato dal Vescovo ausiliare, Mons. Alessandro Giraudo, visando poi il Museo dedicato al Sacro Telo, accolto dal Direttore, il Prof. Gianmaria Zaccone.

Si è poi recato presso la Parrocchia della Natività di San Giovanni Battista in Torino, in Via delle Orfane, dove ha incontrato la comunità greco ortodossa locale, guidata dal Protopresbitero, Padre Iosiph Restagno, come si può vedere nel video.

Anche in questo caso, un atteso seppur breve discorso, che qui proponiamo, a comporre un ideale trittico con i due di Ivrea.

A conclusione della preziosa visita, nel giorno dei festeggiamenti per San Savino, sabato 6 luglio, il Patriarca ha assistito al Pontificale celebrato da Mons. Edoardo Cerrato e concelebrato dai Vescovi Franco Lovignana di Aosta, Roberto Farinella di Biella e Lorenzo Piretto, emerito di Smirne e originario della Diocesi.

Al termine della celebrazione eucaristica Bartolomeo I ha tenuto la sua articolata prolusione sull’esempio dei Santi e la loro venerazione nelle reliquie.

“I Santi sono coloro che ci aiutano ad avere confidenza con Dio… Tutto possono davanti a Dio”: l’affidarsi all’intercessione di questi preziosi testimoni della Fede diventa un importante veicolo di comunione ecumenica e di dialogo di una sincera e profonda pace. Essi, che hanno trionfato in Cristo, lavando le loro vesti “nel sangue dell’Agnello” (Ap. 7, 14), sono l’immagine vivificante di Colui che, come canta un’antifona bizantina, “è spezzato è non diviso, sempre mangiato e mai consumato, ma che santifica quelli che ne partecipano”.

I Santi sono l’autentica personificazione dell’Eucarestia, del farsi Pane spezzato per i fratelli, rimanendo uniti in Cristo, come scrisse, nella sua lettera indirizzata ai Romani, Sant’Ignazio di Antiochia: “Lasciatemi essere pasto delle belve. Sono frumento di Dio macinato dai loro denti per diventare puro pane di Cristo”.

Guardando ad un orizzonte costellato da nuovi e sempre più intensi rapporti tra cattolici e ortodossi, tra Occidente e Oriente, si possono vedere in un futuro abbastanza prossimo due momenti importanti: Pasqua 2025 sarà nella stessa data per cattolici e ortodossi, ma soprattutto, in occasione dei 1700 anni dal Concilio di Nicea, svoltosi nel 325, Papa Francesco ha espresso il vivo desiderio di recarsi in Oriente a festeggiare insieme al Patriarca Bartolomeo,  in una fraterna amicizia, “incentrata sull’amore del Vangelo e sulla speranza che non delude”.

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