La legge Calderoli sull’autonomia regionale differenziata sta diventando un ostacolo serio sul cammino del Governo, stretto tra le Regioni del Nord che chiedono deleghe immediate di poteri (Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria) e quelle del Sud che sollecitano una moratoria o un rinvio (Calabria, Sicilia). Il nodo politico nasce dal fatto che il conflitto è tra Governatori del centro-destra: il forzista Occhiuto (Calabria) ha dichiarato che in caso di referendum il 90% della sua popolazione voterà contro, come il centro-sinistra che sta raccogliendo, con una vasta adesione, le firme per la consultazione. Per ora la Meloni, in Consiglio dei ministri, ha fermato le trattative con le Regioni “nordiste”, ma non si intravvedono altri spazi di mediazione perché il bilancio dello Stato per il 2025 non ha disponibilità finanziarie per assicurare a tutte le Regioni i medesimi LEP (livelli essenziali di prestazione). L’alternativa non può essere d’altra parte il “fai da te”, ogni Regione per la sua strada: sarebbe la sconfitta dell’Italia unitaria (come i Vescovi, per tempo, avevano ammonito).

Questo stallo, secondo alcuni media, potrebbe addirittura condurre ad elezioni politiche anticipate nella prossima estate, per determinare un rinvio della consultazione referendaria. Appare evidente che il clima politico nella maggioranza sia cambiato: non solo per la freddezza di FdI e Forza Italia verso la Lega sulla legge Calderoli, ma contestualmente per gli opposti giudizi sul “no” della premier all’elezione a Bruxelles di Ursula von der Leyen.

Pesa, negli ambienti internazionali, la collocazione della Meloni con la destra euroscettica di Marine Le Pen e del generale Vannacci, anche se la presidente del Consiglio, con il viaggio a Pechino, ha cercato di recuperare uno spazio politico autonomo. Tuttavia, la stessa polemica con Bruxelles sulla libertà d’informazione in Italia, con i duri attacchi ad alcuni media, testimonia la difficoltà di Palazzo Chigi a superare il “muro” europeo costruito con la scelta di opposizione alla maggioranza von der Leyen. Ma ora ci attende la trattativa con Bruxelles sul patto di stabilità, sul Mes e sul bilancio statale 2025, dopo la messa in mora dell’Italia sull’eccesso di debito pubblico. I margini sono stretti, vale a dire che molte promesse elettorali dovranno necessariamente restare nel cassetto.

Una prima verifica dei nuovi rapporti tra i partiti ci sarà in autunno con le Regionali in Emilia-Romagna, Umbria e Liguria (dove si vota per le dimissioni del Governatore Toti, agli arresti domiciliari). Il centrosinistra si presenta unito, dai Pentastellati ai Centristi di Calenda e Renzi, da Verdi e Sinistra al Pd, con l’obiettivo di “cavalcare” le difficoltà nazionali e locali della maggioranza.

Nel Movimento 5 Stelle Conte ha respinto l’assalto del fondatore Beppe Grillo all’autonomia e alla libertà di scelta della prossima Assemblea Costituente, contestando al “padre nobile” il diritto di veto sulle decisioni; e anche le candidature alternative delle ex prime cittadine (Raggi a Roma, Appendino a Torino) sembrano tramontate, con la larga maggioranza ex grillina schierata con l’ex premier.

I Centristi continuano ad essere divisi sulle nuove decisioni di Renzi e Calenda: permane l’iniziativa dei parlamentari Costa e Marattin per la ricostituzione del Terzo Polo con nuovi leader, mentre Tajani apre le porte di Forza Italia ai dissidenti.

Nel Pd, dal Parlamento europeo al Consiglio comunale di Torino, cresce il dissenso della componente di area cattolica alle scelte etiche della maggioranza di Elly Schlein: è il segno di un nodo politico-culturale aperto, di un conflitto permanente tra linea radicale e posizioni riformiste; si attende un confronto pubblico su diritti e doveri, per consentire agli elettori scelte chiare. E anche l’intesa Renzi-Schlein (dopo il fallimento della lista europea con i Radicali) meriterebbe un chiarimento sui contenuti: accordo “personale” o scelta di un comune programma?

In ogni caso la situazione politica nazionale appare in movimento, con nuove “sofferenze”: i berlusconiani si sentono stretti nella concorrenza a destra tra Meloni e Salvini e puntano a conquistarsi un nuovo spazio al centro. Nel centro-sinistra la componente riformista non intende conferire una “delega in bianco” alla segretaria Schlein. L’autunno politico e sociale si annuncia “caldo”, anche a Torino con il primato italiano della cassa-integrazione (eredità Fiat-Stellantis).