Vent’anni fa saliva al cielo fratel Ettore Boschini, il religioso camilliano diventato famoso, perché si muoveva per la metropoli milanese con la sua Fiat Seicento, con un passeggero regolare: la statua di Maria che lo accompagnava ovunque. Spesso Maria trovava posto sul tettuccio della utilitaria, mentre i “suoi amici” lo seguivano recitando il rosario. Si era accorto che c’erano persone invisibili, rifiutate da tutti, anzi evitate dai più. I senzatetto diventarono i suoi più grandi amici. Ettore non combatteva la povertà, ma abbracciava i poveri.

Si considerava un “disgraziato graziato” e gli veniva facile abbracciare i disperati che nella notte trovavano rifugio nella Stazione Centrale di Milano. Seguace di San Camillo, ricordava nell’impeto il don Camillo di Guareschi. Aprì un primo dormitorio in un sotterraneo della Stazione Centrale per dare sicurezza e protezione ai senza tetto. Non si fermò più. Molti giovani venivano attratti e conquistati dal suo cuore infiammato d’amore e di dolore come quello di Maria.

Tra questi Alberto, Laura, Fausto, Patrizio, Catia, Shulamit e altri scoprirono la via vera per superare le ingiustizie sociali. Trent’anni fa fondarono Progetto Arca, frutto magnifico della carità di Ettore e della genialità dei suoi giovani seguaci e figli. Nel trentennale di esistenza, Progetto Arca ha voluto offrire al popolo del 45° Meeting di Rimini (di cui fratel ospite ben tre volte, nel 1981, 1989 e 1990), il proprio percorso e la storia che ha cambiato le storie di decine di migliaia di persone che vivevano nella povertà e nell’abbandono.

Una mostra “esperienziale”, curata da Giuseppe Frangi e intitolata “Per chi esistono le stelle?”, seguendo l’ispirazione di un verso di Vladimir Majakovskij. La fragilità e la vulnerabilità di ciascuno di noi possono essere “vissute”, in una comunità e attraverso legami che ci portano ad essere nuovamente protagonisti – le stelle – della nostra esistenza.

Fratel Ettore raccontava di Angiolino uno dei primi ospiti della sua carità: “Quando il Padre Superiore venne […] per salutare Angiolino mi disse: ‘Bravo, continua!’. Mi vennero in mente le parole che il Crocifisso aveva detto a San Camillo: ‘Tu pensi che l’opera che hai in mente di fare sia tua, invece è mia’”.