“Sy ei ho Christós -Tu sei il Cristo” (Mc. 8, 29. 35): l’evangelista Marco, in questa pericope propone un dialogo tra Gesù e i discepoli, che dischiude l’orizzonte verso il mistero della Croce, fino alla piena rivelazione del centurione: “veramente quest’uomo era Figlio di Dio” (Mc. 15, 39).
“Voi, chi dite che io sia?” (v. 29). È curioso constatare come il Messia ponga anzitutto domande, anziché fornire “risposte facili”. Questo è un invito ad essere liberi, aperti alla verità, disposti a mettersi in gioco. Questa domanda è radicale, scava un solco nel cuore di ogni credente, lo interpella sulla fede: “E tu, che dici: chi sono io? Cosa sono io veramente per te?” (Giovanni Paolo II, 7/01/1987).
Come ricorda Papa Francesco, in una sua meditazione quotidiana, “la risposta non si trova nei libri, come una formula, ma nell’esperienza di chi segue davvero Gesù, con l’aiuto di un ‘grande lavoratore’, lo Spirito Santo” (20/02/2014). La risposta a questa domanda, quella istintiva di Pietro, racchiude quella di ogni cristiano e può scaturire solo da un autentico rapporto di vicinanza a Gesù: “la fede” infatti “suppone un rapporto di vicinanza con Lui” (Benedetto XVI, Madrid, 21/08/2011).
“Tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (v. 33): Pietro risponde nuovamente, ma il Maestro gli ricorda: “i miei pensieri” quelli di Dio, “non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is. 55, 8). Questa ammonizione del Signore dovrebbe spingere a riflettere, usando le parole di San Basilio, che occorre “cessare di correggere il Signore, anche quando ci sfuggono le sue singole disposizioni” (Om. 7, 31, 345).
Non è certamente un atteggiamento di “vivacchiare” quello che il cristiano è chiamato ad vivere, ma di una crescita costante nell’essere “pietra”, una conversione continua, divenendo, come ricorda l’Apostolo Pietro nella sua lettera: “pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1Pt 2,4-5).