(di carlo maria zorzi) Ormai tutto è pronto per l’Ordinazione Episcopale di don Roberto Farinella nella Cattedrale di Ivrea, domani sabato alle ore 10. I preparativi sono quasi ultimati, invece, per il suo ingresso nella diocesi di Biella di cui sarà il vescovo-pastore, il prossimo 14 ottobre. C’è ancora tempo per affinare tutti gli aspetti organizzativi per quella data.
Le due comunità (anche nel senso più ampio del termine) si apprestano quindi a vivere “la festa” per il loro vescovo e con il loro vescovo. Vescovo della Chiesa, successore degli Apostoli, in missione in una porzione di Chiesa per mandato del Papa. Nella porzione c’è il tutto. La Chiesa respira sempre ad ampi polmoni, guarda sempre sui grandi orizzonti; ci insegna ad andare sempre oltre, al di là, un passo avanti.
Una festa che sarà veramente festa quanto più sarà partecipata, condivisa, sentita e vissuta insieme dalle due comunità. E quindi celebrata con la gioia di figli della Chiesa che è una, e nella gioia del Cristo, maestro e pastore di tutta la Chiesa.
Due momenti di grande portata spirituale, religiosa e umana ed un’unica grande festa dove è solo la Serra e quei suoi 28 chilometri a separare gli eventi. Che sono uniti, invece, in un solo battito dei cuori di tutti i fedeli e di tanta gente: chi lo ha conosciuto -quel don Roberto prete- e ha camminato con lui e chi lo vuole conoscere -quel Roberto vescovo- per intraprendere un nuovo viaggio insieme. I biellesi si uniscono agli eporediesi per gioire che nella Chiesa che è in Ivrea è stato generato alla fede, ha lavorato e ora diventa vescovo e viene donato. E gli eporediesi si uniscono ai biellesi che lo accolgono come pastore della loro Diocesi per continuare l’opera di crescita nella fede, il lavoro pastorale e la missione affidata.
I doni, a ben guardare, non sono mai a senso unico.
Sarà bello esserci da una parte come dall’altra della Serra a dimostrazione che non saranno la confusione del momento, i limiti e i divieti della sicurezza, l’affollamento, il sole o la pioggia a imbrigliare la festa e la gioia che la genera, quanto piuttosto il desiderio di manifestare convintamente quel senso di appartenenza alla Chiesa universale -nell’evento di due Chiese locali- che la vicinanza geografica ancor più ci sprona a vivere e ci favorisce a comprendere.