Con un ormai ben avviato anno scolastico, riemergono tra i banchi e le cattedre le solite problematiche trite e ritrite. Sovente si preferisce l’ostracismo visivo –della serie “occhio non vede, cuore non duole” – alla conoscenza del problema. Un esempio? L’uso dei cellulari negli edifici scolastici.
La direttiva ministeriale sul completo divieto di questi dispositivi, anche per scopi didattici, viene applicata a discrezione del dirigente scolastico e dei professori, in maniera più o meno integrale. La logica è questa: ho un elemento problematico e distrattivo, metto i paraocchi e lo evito. O in alternativa scappo io, ma non sempre è fattibile.
Per analizzare il quadro bisogna partire da un dato inappellabile: il cellulare è parte della nostra vita, è ciò che portiamo sempre ed ovunque con noi, ancora prima del portafoglio. Insomma, è ipocrita ridurlo a mero oggetto. Le potenzialità di questo strumento, in positivo ed in negativo, sono vastissime. Il sistema educativo dovrebbe giocare un ruolo cardine nell’aiutare ad impararne l’uso (bene, e per il bene).
Ora, che cosa imparo se lo estrometto dalla mia formazione, creando una bolla non fedele alla realtà? Nulla di buono. La reazione potrebbe anzi essere opposta a quella sperata: quella ingenerata dal tabù, del fascino del proibito. Mi vietate il cellulare? Bene, se riesco me lo imbosco, e sennò appena ce l’ho mi ci ingozzo. È come una dieta malfatta: appena finita è peggio di prima.
Certo, col mero divieto tutto è più semplice: qual è lo sforzo di un insegnante nel sequestrare i telefoni? Altro discorso sarebbe insegnare la convivenza con questi dispositivi, far scoprire che si può studiare o seguire una lezione anche con il telefono in tasca e non per questo distraendosi.
A scuola mi hanno sempre ripetuto di volerci formare per “il mondo là fuori”: ebbene, in quel “mondo là fuori” non ci sarà mai nessuno che mi sequestrerà il telefono, sarò io a scegliere di metterlo da parte in determinate situazioni. Sui banchi universitari non c’è nessuno a controllare se passo tutta la giornata a scrollare i social: è una mia libera scelta (seppure, in questo caso, sciocca). E qui c’entra la libertà, requisito fondamentale per un’azione, specie se morale. Non agisce la libertà dei futuri adulti se viene precluso loro il bivio, se non si allenano nella palestra delle buone ed oculate scelte. E poi, proprio come in palestra, se senza allenamento sollevo di colpo 100 kg, nel migliore dei casi… un po’ di male me lo faccio.