“Cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?” (Mc 10,17): il giovane ricco, con questa domanda, posta all’interno dell’intenso brano proposto per la XXVIII domenica per annum
(Mc. 10, 17-30), porta il a riflettere sul senso più profondo della fede, su quale sia il vero “tesoro” evangelico. “Che cosa devo fare…Tutte queste cose le ho osservate” (v.17.20): è un autentico esame sulla qualità della fede del giovane, entusiasta di poter incontrare Gesù e che rimane senza un nome nel brano, quasi per indicare che ogni credente può identificarsi in lui.

Papa Francesco, analizzando questo passo sottolinea “i verbi che utilizza: dover fare – per avere. Ecco la sua religiosità: un dovere, un fare per avere… Ma questo è un rapporto commerciale con Dio, un do ut des. La fede, invece, è questione di libertà e di amore” (Angelus, 10/10/2021).

Gesù ricorda al giovane ricco i dieci comandamenti, come condizioni per distinguere chiaramente il bene dal male e costruire un progetto di vita solido e duraturo. Come ha ricordato ai giovani Papa Benedetto XVI: “Dio ci dà i comandamenti perché ci vuole educare alla vera libertà, perché i comandamenti non limitano la felicità, ma indicano come trovarla. Gesù all’inizio del dialogo con il giovane ricco, ricorda che la legge data da Dio è buona, perché “Dio è buono” (15/10/2006).

“Allora Gesù, fissatolo, lo amò” (v. 21): nello sguardo del Signore c’è il cuore di tutta l’esperienza cristiana. Infatti il cristianesimo non è primariamente una morale, ma esperienza di Gesù Cristo, della Sua persona reale.

Scrutando gli occhi di quel giovane, il Signore, come ricorda San Giovanni Crisostomo, vede “del terreno fertile”, successivamente “soffocato dalla quantità delle spine” (Su Matteo, Om. 63, 58), che portano ad assolutizzare le realtà terrene, ignorando la voce del cuore, la reale radice di ogni desiderio umano: “desideriamo insieme la patria celeste, sospiriamo verso la patria celeste, sentiamoci pellegrini quaggiù” (Sant’Agostino, Commento Giovanni, Omelia 35, 9). L’augurio, rivolto da San Giovanni Paolo II ai giovani, ma che vale per ogni credente, è quello di lasciarsi attraversare da quello sguardo, che continua a interpellare con forza: “Vi auguro di sperimentare uno sguardo così! Vi auguro di sperimentare la verità che egli, il Cristo, vi guarda con amore!” (Lettera ai giovani, n. 7).

Mc 10, 17-27 (forma breve)

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».
Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni. Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».
I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».
Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».