Il drammatico contesto internazionale, con due guerre interminabili in Medio Oriente e nel cuore dell’Europa, non ha mutato i rapporti in Italia tra maggioranza e opposizione: continua il muro contro muro sul modello americano, nonostante l’urgenza dei molti problemi aperti, con un ruolo “notarile” del Parlamento.

La premier Meloni, indebolita dai continui contrasti tra Lega e Forza Italia, ha scelto la strada di un Governo “arroccato: sulla Corte costituzionale cerca l’elezione di un giudice di sua fiducia, nonostante sia prevista una maggioranza qualificata; e il Presidente del Senato si presta al suo disegno, con una discutibile rincorsa di parlamentari “incerti”; sul clamoroso scandalo del “dossieraggio” da parte di un bancario pugliese denuncia un complotto ai suoi danni, trascurando la presenza tra gli spiati di altri presidenti del Consiglio (D’Alema, Enrico Letta, Renzi, Gentiloni, Draghi) e molti vip della società civile; sulla vicenda del processo Salvini a Palermo si schiera con il vice-premier e attacca i giudici, dimenticando il ruolo di “terzo potere” che la Costituzione assegna alla Magistratura; sulla discussa scelta di centri per migranti in Albania procede senza alcuna attenzione agli autorevoli appelli per il rispetto pieno delle persone coinvolte; sul prossimo voto del Parlamento di Strasburgo sul commissario Fitto richiama tutti all’ordine, ma ignora la posizione altalenante avuta nel recente passato da Fratelli d’Italia sulla UE con il commissario Gentiloni…

Sull’altro fronte politico l’arroccamento non è minore: parlando nei comizi per le prossime regionali la Schlein ha garantito l’elettorato: “mai più larghe intese”; in questo modo ha emarginato la componente riformista che lamentava i tanti “no”, ma soprattutto ha preso le distanze dal Presidente della Repubblica, ispiratore del Governo Draghi di unità nazionale in un momento politico e sociale di gravi tensioni, con ancora aperta la ferita del Covid. Per i paradossi della storia, l’ex premier Renzi, già influente sostenitore dell’Esecutivo Draghi, è ora diventato un nuovo alleato della Schlein e – secondo il “Corriere della Sera” – un influente propugnatore della nuova strategia.

Renzi condivide la candidatura della Schlein, nelle prossime politiche, a Palazzo Chigi, mentre l’ala riformista del Pd punterebbe su Paolo Gentiloni. Questa componente, tuttavia, appare indebolita dall’esilio a Strasburgo del presidente del partito, Bonaccini, e dall’improvviso abbandono di Enrico Letta; l’ex segretario ha lasciato Montecitorio per assumere un incarico di rilievo all’Ateneo di Madrid; già nel 2015, dopo l’uscita da Palazzo Chigi per l’arrivo di Renzi, Letta abbandonò il Parlamento per un incarico universitario a Parigi, a Science-Po. Senza Bonaccini e Letta permane tuttavia per i Dem il problema del rapporto nel “campo largo” con i “nuovi” alleati Conte-Bonelli-Fratoianni; contrari alla presenza politica di Renzi e perplessi sulla candidatura Schlein a Palazzo Chigi, M5S e Avs puntano a un polo progressista consistente come il Pd, per condizionarlo.

Tra il “muro contro muro” e le “larghe intese” c’è tuttavia per le forze politiche, nel rispetto dei ruoli, la possibilità di accordi per il bene del Paese.

In Piemonte sta esplodendo in termini drammatici la crisi dell’auto, con il numero uno di Stellantis-Fiat, Tavares, che non esclude la strada dei licenziamenti, con gravi ripercussioni anche nell’indotto. Dopo mesi di babele delle lingue, è il momento di porre fine alla confusione, giungendo a una proposta concreta e operativa, in grado di dare una speranza a migliaia di lavoratori in ansia (e alle loro famiglie). Per questo vanno superati i confini di parte, anche per un peso forte nei confronti dell’azienda, togliendo spazio alle strumentalizzazioni (anche cinesi).

Il bene comune – come ricorda spesso il Presidente della Repubblica – va anteposto a ogni altra considerazione; in questo modo la politica può recuperare la fiducia dei cittadini, piuttosto scossa. Proprio in questi giorni i sondaggi sul prossimo voto ligure prefigurano una ulteriore avanzata dell’astensionismo. Non è un buon segnale per le istituzioni democratiche.