(elisabetta acide) – Quarta enciclica di Papa Francesco: “Dilexit nos”, per “un mondo che sembra aver perso il cuore”.
Il sottotitolo enuncia già l’argomento: “lettera enciclica sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo”.
Lo aveva annunciato lo scorso giugno in occasione dell’Udienza generale in Piazza S. Pietro, del 5 giugno che ricordiamo per tradizione cattolica, è il mese dedicato al Sacro Cuore di Gesù.
La pubblicazione nell’anno delle celebrazioni per il 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù del 1673.
C’è una frase che colpisce ed aiuta a riflettere sulla “logica” dell’enciclica, che raccoglie i testi delle riflessioni magisteriali inerenti al tema trattato: “dell’amore del Signore che possano illuminare il cammino del rinnovamento ecclesiale; ma anche che dicano qualcosa di significativo a un mondo che sembra aver perso il cuore”.
Già il “titolo” è una “dichiarazione” teologica importante: “ci ha amati”: quell’amore divino ed umano, quell’ Amore che “riassume” la logica di Dio e dell’Incarnazione, Morte e Risurrezione di Gesù, l’Amore che “ama” e che “salva”.
Nel 1856, Pio IX decise di estendere la festa del Sacro Cuore di Gesù a tutta la Chiesa, fu Papa Pacelli (1939-1958 Pio XII e non può sfuggirci la drammaticità dei 19 anni del suo pontificato) nel 1956 che con l’Enciclica Haurietis aquas (15 maggio 1956 Pio XII) , sollecitava a riflettere sul “contenuto di ogni vera spiritualità e devozione cristiana. È quindi importante sottolineare che il fondamento di questa devozione è antico come il cristianesimo stesso”.
Un incipit pieno di gioia e di speranza, parole profetiche:
“Voi attingerete con gaudio le acque dalle fonti del Salvatore“ (Is 12,3) che necessitavano di essere comprese e riaffermate, per il dono di quell’acqua inesauribile e fonte di amore che solo Dio può donare (Gv 7,37-39). Il “dono di Dio” (Gv 4,10) del quale il mondo e l’uomo ha tanto bisogno.
Il “cammino di rinnovamento”, il “cammino” intrapreso dalla Chiesa sinodale che non si “concluderà”, ma che sta procedendo, seppur in un mondo martoriato dai conflitti, dalle difficoltà, dalle incomprensioni, da una società “frammentata” e “liquida”, che vede sempre più lo “sgretolamento” e la “relativizzazione”, in un “cammino” fatto di uomini che hanno “bisogno” di sperare.
Una società dal “cuore spezzato” che forse, ha più che mai bisogno di riflettere, ripensare e ragionare su quell’Amore e su quella dichiarazione d’Amore: “vi ho amati”.
Un cuore che ama e che insegna ad amare: “Come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
Ricordiamo lo stemma del cardinale John Henry Newman in cui sono raffigurati tre cuori rossi, chiaro riferimento alle Persone della Santissima Trinità: interessante il sotteso “dialogo di amore”,“Cor ad cor loquitur”.
Un “flusso di amore vitale tra loro e per gli uomini.
E ricordiamo ancora: “Cor ad cor loquitur”: nella Chiesa tutti, siamo in realtà “un cuore solo ed un’anima sola” (At 4,32) apparteniamo a Cristo, in vita e dopo la morte, purificati dai peccati, per contemplare sia la gloria del Dio trinitario.
La Chiesa è chiamata a condurre gli uomini alla comunione con Dio, con quel cuore pieno d’Amore, dove l’uomo trova la pace.
“Un cuore che parla al cuore”: siamo fatti per conoscere il Dio dell’Amore, quello che “Ci ha amati”, dice San Paolo riferendosi a Cristo (Rm 8,37), e che “tratteggia” l’esordio dell’enciclica del Santo Padre.
Lo sappiamo sono le “prime parole” a dare “titolo” all’Enciclica, in questo caso “magistero ordinario” del santo Padre, la quarta del suo pontificato, fino ad ora.
(Ricordiamo, a titolo informativo, le numerose encicliche del pontificato di Pio IX che furono 33 o le 30 di Pio XI, le 48 di Leone XIII, 14 di Giovanni Paolo II o le 3 di Benedetto XVI di cui una, lo ricordiamo, scritta proprio con il suo successore Papa Francesco).
Una “enkluklioi epistolai” lettera “circolare”, come quelle scritte ed indirizzate ad alcune Chiese, diremmo una “lettera cattolica”, che, non può essere casuale: ha l’esordio dell’Amore.
Nel corso della storia della Chiesa ne abbiamo molte, alcune anche a “fascicoli” (come ad esempio quelle dopo il Concilio di Calcedonia del 451), altre in forma di Bolle (Benedetto XIV), altre in forma di Documenti (Gregorio XVI).
Il titolo, allora, (Deus Caritas Est, Spe Salvi, Caritasi in Veritate) ci racconta, ad esempio, la preoccupazione di Benedetto XVI di “parlare” e forse “educare” alla fede, l’uomo di oggi, l’uomo che forse, ancora più che in passato, ha bisogno di essere “cristianizzato” o “condotto alla maturità della fede”.
“Ci ha amati” (Dilexit nos), papa Francesco sente la necessità di “riportare” alla “logica dell’Amore” l’uomo e il mondo.
Il “cuore” del “Verbo”, la logica dell’Incarnazione come Mistero di Amore.
Un cuore che è Umano, Divino, Redentore.
Sicuramente un tema molto caro al pontefice, ma lo dobbiamo ricordare ancora, anche concomitante al 350° anniversario della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù a Santa Margherita Maria Alacoque, canonizzata il 13 maggio 1920 da papa Benedetto XV nel 1673 (le cui celebrazioni vanno dal 27 dicembre 2023 al 27 giugno 2025).
Sarà proprio quel 27 dicembre 1673, Festa di San Giovanni evangelista, a segnare l’apparizione di Gesù alla giovane suora francese del convento di Paray-le-Monial (Borgogna) ed a lei affiderà una missione: diffondere nel mondo l’amore di Gesù per gli uomini, specialmente per i peccatori, e per 17 anni, con visioni e in un dialogo spirituale, indicherà le modalità del culto al Sacro Cuore di Gesù.
Leggi cliccando qui il precedente articolo pubblicato
Preghiera, Adorazione, Confessione, Comunione per nove venerdì consecutivi, e dedicazione del venerdì dopo la festa del Corpus Domini (otto giorni dopo) alla Festa del Sacro Cuore di Gesù.
Papa Francesco, allora, nella “lettura” del nostro tempo, ravvisa la necessità di rinvigorire e rafforzare la devozione al Sacro Cuore di Gesù: lo aveva già ricordato nel 2016 a conclusione del Giubileo dei Sacerdoti: “il cuore di Cristo è il centro della misericordia. Questo è proprio della misericordia, che si sporca le mani, tocca, si mette in gioco, vuole coinvolgersi con l’altro… si impegna con una persona, con la sua ferita”.
Sono parole per i pastori (lo stesso papa Francesco ha parole importanti per i sacerdoti proprio nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, quando ricorre la Giornata di santificazione sacerdotale, desidera: “pastori con il cuore di Cristo, a servizio del popolo di Dio” 23 giugno 2017) ,ma sono le “parole della misericordia” per tutti i cristiani, parole che raccontano l’Amore di Dio.
In realtà il santo Padre, ricorda a tutti i sacerdoti di rileggere la Haurietis acquas, per riscoprire il “cuore” della misericordia. Quella misericordia che ha visto il “cuore di Dio” incarnato in Gesù.
Sicuramente i sacerdoti saranno stati solleciti nella lettura, ma anche noi dovremmo riscoprire le “radici” del “cuore” misericordioso di Gesù.
Ci farebbe bene.
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Dopo aver tracciato un excursus sull’etimologia del termine dal greco e nei testi classici, il pontefice specifica: “Dice la Bibbia che «la parola di Dio è viva, efficace […] e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore» (Eb 4,12).
In questo modo ci parla di un nucleo, il cuore, che sta dietro ogni apparenza, anche dietro i pensieri superficiali che ci confondono. I discepoli di Emmaus, durante il loro misterioso cammino con Cristo risorto, vivevano un momento di angoscia, confusione, disperazione, delusione.
Eppure, al di là di tutto ciò e nonostante tutto, qualcosa accadeva nel profondo: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?» (Lc 24,32).
Il “discernimento” che consente il “parlare cuore a cuore”, in questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore”, per ci dice il pontefice: “ritrovare il centro”.
E proprio questo “centro” ci porta al Vangelo, a quella “custodia nel cuore” delle cose, quelle da “conservare con cura” in attesa di comprenderle e viverle.
Il cuore di Gesù è “fonte di salvezza”.
E allora in quel cuore di Gesù c’è l’essenza stessa del cristiano.
E’ un cuore che “parla” d’Amore, che fa “vedere” l’Amore, che insegna l’Amore.
Un cuore trafitto, ma non “spezzato”, un cuore che ama e che usa misericordia, un cuore “amante”, sorgente dell’uomo.
Preoccupati di allontanarci dal dolore, dalla sofferenza, dai mali personali, dell’uomo, del mondo e della società, forse abbiamo “rimosso” abbiamo dimenticato di “guardare a quel cuore trafitto”, non per piangere su di esso, ma per trarne forza e speranza.
“Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto» (Gv 19,37).
“Guardare” il cuore trafitto è “vedere” l’amore, quell’amore invisibile ma reale, presente, vivo.
Dio “ha cuore”, Dio “è cuore”
Dio ha ed è cuore misericordioso ( la parola misericordia ha proprio nel centro, nel “cuore” “cor” la sua ragione, la sua essenza per l’uomo).
Ecco perché al cuore di Gesù, al Santissimo Cuore di Gesù, spetta l’adorazione, il cultus latreiae, perché è Sorgente di Salvezza per ‘uomo.
Da quel cuore sgorgano sangue ed acqua (Gv 19,34)… i Sacramenti che donano Grazia.
I Sacramenti che donano Vita e Salvezza.
Quel cuore di Gesù trafitto ha “illuminato” il Golgota con il suo Amore, da quel monte Calvario, da quel sepolcro nella roccia, quell’Amore, ha “sanato” il mondo.
E per usare le parole di S. Ignazio di Loyola, quel sangue ha salvato e “inebriato il mondo” (“Sangue di Cristo inebriami, Sangue di Cristo, Salvami”).
Molti i riferimenti evangelici, letterari, teologici, spirituali (cito a titolo indicativo, S. Ignazio di Loyola, Dostoevskij, Romano Guardini, San Francesco di Sales, San Bonaventura, San Giovanni di Eudes, San Charles de Foucauld, San Vincenzo de’ Paoli …) all’AI, ai ricordi personali del papa, presenti nell’Enciclica, e non potevano mancare i riferimenti ai Documenti Conciliari , di cui ricordiamo “il fermento evangelico suscitò e suscita nel cuore dell’uomo questa irrefrenabile esigenza di dignità” la Gaudium et Spes e i documenti magisteriali recenti, richiamati dal Papa con un puntuale excursus che si conclude con la citazione del predecessore Benedetto XVI, che invitava a riconoscere il Cuore di Cristo come presenza intima e quotidiana nella vita di ciascuno:
“Ogni persona ha bisogno di avere un “centro” della propria vita, una sorgente di verità e di bene a cui attingere per affrontare le varie situazioni e la fatica della vita quotidiana. Ognuno di noi, quando fa silenzio, ha bisogno di sentire non solo il battito del proprio cuore, ma anche, più profondamente, il battito di una presenza affidabile, percepibile con i sensi della fede e tuttavia molto più reale: la presenza di Cristo, cuore del mondo”. “Angelus 1° giugno 2008: L’Osservatore Romano, 2-3 giugno 2008”
Papa Francesco, con la sua Enciclica ci invita a ripensare all’Amore di Dio, a rivivere e riaccendere nel mondo di oggi la particolare devozione al Santissimo Cuore di Gesù, non solo come atto di fede personale (sappiamo che Jorge Mario Bergoglio ha più volte sottolineato la sua particolare devozione al SS. Cuore di Gesù), ma come “cammino” (mai termine risulta più appropriato nell’approssimarsi del Giubileo che vedrà i “pellegrini di Speranza”), per “ritrovare” il cuore, in un mondo per promuovere la pace, la solidarietà e la riconciliazione in un mondo segnato da conflitti e divisioni.
Ho trovato interessante il passaggio e la citazione di diverse donne sante che hanno raccontato esperienze del loro incontro con Cristo, caratterizzato dal riposo nel Cuore del Signore, fonte di vita e di pace interiore.
Vengono citate Santa Lutgarda, di Santa Matilde di Hackeborn, di Santa Angela da Foligno, di Giuliana di Norwich, Santa Gertrude di Helfta, e Santa Teresa di Gesù Bambino e ovviamente Santa Margherita Maria Alacoque, di cui varrebbe la pena (e ci ripromettiamo di farlo, a Dio piacendo, quanto prima) approfondire biografia e riferimenti.
L’espressione dell’ “incontro con Cristo” che, come citava Giuliana di Norwich, ci consente, con speranza di affermare: “All shall be well”, “Tutto andrà bene”, poiché sottende come l’amore di Dio, in quanto essenza di ogni cosa, ha il potere di mutare in bene ogni male.
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Il Sacro Cuore ci invita a “praticare” la giustizia, la misericordia, la pietà, la compassione a vincere l’egoismo, l’individualismo, l’indifferenza… lo “smarrimento” del cuore.
Abbiamo un “modello”, il Sacro Cuore di Gesù per il “rinnovamento” del cuore, dei cuori, della Chiesa, della comunità cristiana.
Vale la pena, a mio parere, riportare il passaggio che lo stesso pontefice richiamaal n. 136 citando la lettera all’amico del Dottore della Chiesa S. Teresina: Lettera 191, a Leonia, 12 luglio 1896: Opere complete:
“Forse il testo più importante per poter comprendere il significato della sua devozione al Cuore di Cristo è la lettera che scrisse, tre mesi prima di morire, all’amico Maurice Bellière: «Quando vedo Maddalena avanzarsi in mezzo ai numerosi convitati, bagnare con le sue lacrime i piedi del suo Maestro adorato, che lei tocca per la prima volta, sento che il suo cuore ha compreso gli abissi d’amore e di misericordia del Cuore di Gesù e che, per quanto peccatrice sia, questo Cuore d’amore non solo è disposto a perdonarla, ma anche a prodigarle i benefici della sua intimità divina, ad elevarla fino alle più alte cime della contemplazione. Ah, caro piccolo Fratello mio, da quando mi è stato dato di capire così l’amore del Cuore di Gesù, le confesso che esso ha scacciato dal mio cuore ogni timore. Il ricordo delle mie colpe mi umilia, mi induce a non appoggiarmi mai sulla mia forza che non è che debolezza; ma ancor più questo ricordo mi parla di misericordia e di amore”.
L’Amore infinito e misericordioso che abbraccia oltre i peccati e che illumina e abbraccia, fonte di consolazione e di pace, “porto sicuro” per ogni persona.
Non dovremmo più “mettere il dito” in quel cuore (ricordiamo l’episodio narrato in relativo alla dichiarazione dell’Apostolo Tommaso del capitolo 20 del Vangelo di Giovanni), la nostra fede e la nostra devozione al cuore di Gesù, sgorgherà dalla luce di quel costato trafitto, da quel cuore che parla d’Amore.
Quel cuore trafitto sarà la “porta” per la “rinascita” dei cuori del mondo, quella “Via, Verità e Vita” che ci farà “entrare” nel Mistero del cuore di Gesù, non come “increduli”, ma come credenti.
Quel Cuore che “prenderà” il nostro cuore, che lo “trasformerà”, che lo “vivificherà”, perché noi possiamo diventare “cuori del mondo”, cuori che annunciano l’Amore “che ama”, cuori che illuminati dal cuore dell’Amore provano a diventare missionari dei “cuori spezzati”, missionari della Misericordia del SS Cuore di Gesù.
Amore di cuore che “ama fino alla fine” (Gv 13,1).
Amore “senza fine”, verso “il fine”.
Cuore Misericordioso, che Salva, che da quella ferita “fa entrare” il mondo in guerra, indifferente, lontano, chiuso ed egoista, perché “Beati coloro che, senza aver visto, crederanno!” (Gv 20,29) e Salvati coloro che per aver guardato il cuore, crederanno.
In chiusura Papa Bergoglio, riporta alcune risonanze della Compagnia di Gesù, di quel dialogo “cuore a cuore” di cui si costituisce l’itinerario degli Esercizi Spirituali.
“Contemplazione per raggiungere l’amore”, da cui scaturisce il ringraziamento e l’offerta di “memoria, intelletto e volontà” al Cuore che è fonte e origine di ogni bene”.
Contempl-azione del cuore, contempl-azione per raggiungere l’Amore, contempl-azione per lasciarci “inondare” dall’Amore e dalla misericordia di Dio.
Quella ferita del costato, che rimane aperta nel Risorto, è lì per noi, è lì per la nostra contempl-azione, perché è lì che noi contempliamo il dono totale d’Amore, è lì che in noi scaturisce il “desiderio d’amore che ci spinge a non fermarci alla contemplazione, ma a tradurla in azione.
Perché “consolati” da quel cuore, siamo chiamati a “consolare”: nel richiamare il testo del profeta Isaia “Consolate, consolate il mio popolo” (Is 40,1), il santo Padre ci invita a contemplare per trovare consolazione, per vivere la “volontà del Padre”, non solo in solitudine, ma come azione comunitaria, perché, ci ricorda il pontefice citando il Vangelo: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto” (Gv 15,8).
Sarà allora questo il nostro impegno: amare Dio e amare i fratelli, essere amore attingendo alla fonte dell’Amore, meditare, attraverso la devozione al cuore di Maria, davanti a quel costato aperto, come ha fatto lei, con cuore di Madre, l’immenso dono di Amore, esercitare la mitezza e l’umiltà di cuore, affinchè il nostro cuore, come quello di Gesù, possa abbracciare ogni uomo.
Bella l’esortazione finale: “costruire sulle rovine”.
“Insieme a Cristo, sulle rovine che noi lasciamo in questo mondo con il nostro peccato, siamo chiamati a costruire una nuova civiltà dell’amore” (182), perché le nostre “opere” per poter “costruire” hanno bisogno di quella forza che l’Amore che sgorga dal cuore trafitto di Cristo può dare.
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Allontaniamoci dalla tentazione di “bastarci”, abbiamo bisogno di Cristo: ripariamo i cuori feriti, esercitiamoci nella bellezza del perdono, nella fatica ma anche nella gioia di chiedere perdono, perché un cuore capace di compunzione può crescere nella fraternità e nella solidarietà, perché:
“chi non piange regredisce, invecchia dentro, mentre chi raggiunge una preghiera più semplice e intima, fatta di adorazione e commozione davanti a Dio, quello matura. Si lega sempre meno a sé stesso e più a Cristo, e diventa povero in spirito. In tal modo si sente più vicino ai poveri, i prediletti di Dio”.
La Chiesa ha bisogno di amore gratuito, per non sostituire l’amore di Cristo con cose e strutture caduche.
Solo l’Amore di Cristo “renderà possibile una nuova umanità.”
Diventiamo “prolungamento del cuore di Cristo”, con un’offerta di amore che farà “innamorare il mondo”.
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