(elisabetta acide) – E già a pagina 7 mi accorgo della “rivoluzione” del libro di Papa Francesco.

“E’ importante che la tua voce sia più ascoltata, che abbia sempre più peso”.

“E’ necessario che la tua autorevolezza sia riconosciuta”.

Forse sarebbero bastate queste parole.

Ma Papa Francesco ne ha anche altre di ”pura poesia”, ha il coraggio delle parole.

Saranno ascoltate?

Ho letto e riletto molti passaggi, ho sottolineato, sicuramente, rileggerò e farò leggere.

Sei l’armonia, sei la poesia, sei la bellezza… sei una meraviglia”; se mi fossi fermata all’apparenza, al titolo, forse non avrei acquistato il libro Sei unica – inno al genio femminile”, autore Papa Francesco, Libreria Edizione Vaticana.

Ci aveva già provato il cantante Gian Luca Grignani, proprio con una canzone dallo stesso titolo, melodia armoniosa, parole d’amore (Ti dovrei inventare / Ma ti farei così / Perché così tu sei / Sei unica così), ma le parole di papa Francesco, alle mie orecchie hanno un altro “suono”.

Si lascia “aiutare” dalle citazioni di molte donne, dalla loro vita, dal loro vissuto:  Santa Madre Teresa di Calcutta, Virginia Woolf, Jane Austen, Hannah Arendt, Agatha Christie, Emily Dickinson, Santa Caterina da Siena, Frida Kahlo, Edith Stein, Saffo, Anna Frank, Maria Montessori, Elizabeth Barrett Browning, Santa Ildegarda di Bingen, Raissa Maritain, Teresa di Lisieux, Anna Frank, Maria Zambrano, Rita Levi Montalcini, bellissimi versi e aforismi, ma il suo “pensiero” e le sue parole sono quelle che mi fanno riflettere.

Non sono mai stata una “femminista delle barricate”, certamente tempi e contesti in alcuni casi richiedevano lotte e manifestazioni internazionali e movimenti globali, hanno apportato indubbie “conquiste”, ma ho sempre pensato che oltre ai movimenti sociali, politici e culturali, sia importante la persona, uomo o donna che sia.

Alcune situazioni inaccettabili (e ancora oggi non possiamo dire siano migliorate, quindi necessitano di impegno di tutti) si sono “parificate” con rivoluzioni e rivendicazioni, ma sono convinta che non sia una questione pura e mera di “quote rosa” o di “opportunità” di genere, ma di dignità e “presenza”.

Credo fermamente che la persona, uomo o donna, abbia dignità, diritti, uguaglianza,

Provengo dalla cultura cristiano-cattolica, vi appartengo; cultura che ovviamente non ignora la “pari dignità”: quella creazione “dalla costola” che denota proprio il “fianco”, necessario per stare “a fianco”, dunque, forse perché ho sempre considerato quelle parole di Gesù alle donne, quella “presenza” sottolineata nei Vangeli proprio delle donne accanto a Gesù, il “faro”, plaudo alle osservazioni del Pontefice; e se qualcuno ancora non lo aveva capito… beh peggio per lui o per lei.

Non mi addentro nello specifico, ma la cultura cristiana ha molto da insegnare.

E se qualcuno ancora si appella al “maschilismo” beh forse bisognerebbe dire: “vai e studia” (espressione che prendo a prestito dall’ebraismo ed adatto al contesto).

Dunque, non mi sono “stupita” delle parole, che ho apprezzato e che vorrei diventassero lettura non “amena” per gli uomini di Chiesa, tutti, sacerdoti, diaconi, vescovi e laici, uomini e donne, giovani ed anziani, ma “lettura” pastorale.

Spiego meglio: non credo che sia importante che le donne diventino diaconi o presbiteri (appositamente non uso la forma femminile perché la trovo un po’ “forzata”) il “nocciolo” della questione non penso possa risolversi (se mai si risolverà per chi crede che ciò sia necessario e fondamentale) in una “concessione” di questo genere (parere personale non richiesto che credo non interessi  a nessuno – sono contraria per una serie di “ragioni” che non credo, per ragioni di tempo, di dover affrontare in questa riflessione), ma credo che sia importante che tutta la Chiesa, forse a partire proprio da questa lettura (che mi permetto, proprio perché semplice, lineare e adatta a tutti) possa far nascere o almeno far “pensare” chi nella chiesa ancora, pur a parole, plaude al “genio femminile”, poi di fatto, a questo  “genio”, non “lascia spazio”.

Non sto parlando dell’impegno che conosciamo, vede con competenza, dedizione, attenzione, le donne impegnate da decenni nella catechesi, nelle attività parrocchiali, nel servizio liturgico, nella proclamazione della Parola… e in numerose altre attività importanti.

Tuttavia, le parole del papa, non possono lasciarci indifferenti (anche se scritte in forma di testo e non di enciclica o bolla o documento ufficiale magisteriale) e soprattutto dovrebbero, almeno servire da “trampolino” per quell’esame di “coscienza collettivo” che come comunità e come chiesa, magari siamo chiamati a fare (posto che quello personale lo facciamo ancora ogni giorno…).

Se Gesù ha, con coraggio, parlato alla Samaritana, alla donna che aveva peccato molto, a Marta e  Maria (erano anche sue amiche, così come il loro fratello Lazzaro), a sua Madre, a Maria Maddalena, alla donna siro-fenicia, alla vedova… in un tempo dove sappiamo alle donne si parlava “poco”, perché ancora oggi, alle donne diamo “poca voce” e “poco ascolto”?

Vero, alcune donne “trovano il loro spazio” nella Chiesa, ma non può essere una “concessione”, deve essere una “voce” necessaria ed importante, deve appartenere alla “pratica” comunitaria.

Nelle prime comunità le donne potevano insegnare, fare catechesi, nelle lettere di san Paolo percepiamo che lui  accettava queste presenze femminili nella predicazione, ma c’è anche il famoso testo che dice “Nelle assemblee le donne tacciano”.

Forse non era un “tacere” netto che si richiedeva, ma magari il “contegno” e l’aderenza ai “costumi del tempo”, mi piace però, sottolineare quello che vorrei fosse il “punto di partenza” della riflessione ecclesiale: “Non ci saranno più né schiavi né liberi, né uomini né donne” (Gal 3,28); “poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”

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“È importante che la tua voce sia più ascoltata, che abbia sempre più peso. È necessario che la tua autorevolezza sia riconosciuta. Dobbiamo imparare dallo sguardo con cui ti ha guardato Gesù”.

Non sono parole di una donna, non sono parole mie, sono le parole del Papa nel libro, e sono le parole per la Chiesa. 

Papa Francesco; ascoltare è avere sensibilità, è lasciare spazio, è dare “credito”, è saper essere umili, è rinunciare all’arroganza di essere migliore, di sapere, di “raccogliere le idee e farle proprie”…

La voce delle donne “grida”, ma forse è necessario che le “orecchie” siano affinate, lo “spazio” non va concesso, non va “creato” la chiesa è già comunione.

Forse ciò che necessita è proprio quello “sguardo” di Gesù che può fare la differenza: saper guardare, è saper ascoltare, è “fare spazio”… e lo sguardo… dipende sempre da chi guarda.

Certo, lo “sguardo” può affinarsi, può acuirsi, può essere sostenuto da “occhiali speciali”, ma dipende sempre da “chi” e “che cosa” vuole vedere.

Non “ascoltare”, ma “vedere”: le donne, vanno “guardate” per essere “ascoltate”, con quello sguardo che le “riconosce”, che sa “vagliare”, che non bada all’accessorio, ma all’idea, al cuore, alle parole, al futuro.

“So che sei coraggiosa…sei forza autentica, che sei riserva dell’umanità …che il tuo cuore è più paziente, più creativo…”  papa Francesco ha parole di elogio e di concretezza, di stima e di lungimiranza… e la Chiesa?

Vorrei che quelle parole fossero di tutti i cristiani, uomini e donne della Chiesa e nella Chiesa, non di uomini per le donne, ma di tutti per tutti.

Quale apporto può dare la donna alla Chiesa?

Forse su questo occorre interrogarsi, ancora meglio: quale apporto già dà la donna alla Chiesa?

Non perché “fa” qualcosa nella Chiesa (quando può farlo e glielo lasciano fare), ma perché “è” Chiesa.

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Era il 1988 e San Giovanni Paolo II pubblicava una lettera apostolica meravigliosa la Mulieris dignitatem.

Studentessa all’ IISR di Torino della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, con i miei competentissimi docenti dell’epoca, ne abbiamo parlato molto, ho maturato riflessioni e speranze.

Le parole del santo padre (come quelle di Papa Francesco oggi) erano non solo “belle parole”, ma “parole belle”: “Auspico, dunque, carissime sorelle, che si rifletta con particolare attenzione sul tema del genio della donna, non solo per conoscervi i tratti di un preciso insegnamento di Dio che va colto e onorato, ma anche per fare ad esso più spazio nella vita sociale nonché in quella ecclesiale.. proprio su questo tema, già affrontato da altri in occasione dell’anno mariano, ebbi modo di intrattenermi ampiamente nella menzionata lettera apostolica Mulieris dignitatem pubblicata nel 1988, quest’anno poi, in occasione del giovedì santo, alla consueta lettera che invio ai sacerdoti, ho voluto inviare idealmente proprio Mulieris dignitatem, invitandoli a riflettere sul
significativo ruolo che nella loro vita svolge la donna, come madre, come sorella, come collaboratrice nelle opere di apostolato”.

Sono passati oltre 30 anni… il documento papale è ancora attuale e disponibile anche su Internet, forse occorre “rispolverarlo” e “cliccarlo”, soprattutto leggerlo.

“So che il tuo cuore è più paziente”… non so Papa Francesco se il mio cuore è “più paziente” di quello degli uomini  o di altre persone, so che ho un cuore di donna che ama la Chiesa, so che nella storia ci sono state donne, sante, suore, madri, volontarie, missionarie, fedeli, semplici, nobili… donne che amano e hanno amato la Chiesa e hanno portato e portano il loro “genio” nella Chiesa, con coraggio, con perseveranza, con umiltà, con la “sfida” che viene sempre da ciò che “sta a cuore”.

Vorrei che tutti nella Chiesa leggessero qualche pagina (se non proprio tutto il testo perché lo sappiamo, ormai, leggere è faticoso…) almeno le prime pagine, dove l’autore elenca “sette talenti delle donne”: Santo Padre, vista la sua conoscenza biblica non può sfuggire l’uso di quel numero sette che nella Bibbia, lo sappiamo secondo la mentalità semitica, è indicatore di totalità, di moltitudine, di completezza.

***

Mi fermo… non vorrei interpretare troppo favorevolmente le “qualità” delle donne e la possibilità del loro apporto nella Chiesa, ma allora perché, con discernimento, dopo aver letto almeno le prime 13 pagine del libro “Sei unica” e aver riflettuto su quei talenti, come Chiesa, tutti, insieme, non facciamo un’operazione che non potrà farci che bene: apriamo i Vangeli, leggiamo le pagine nelle quali sono protagoniste le donne e proviamo a “leggere” con lo sguardo di Gesù quegli avvenimenti, quelle parole e proviamo a “tradurle” in “azioni”, proviamo a pensare ad una “pastorale integrata ed integrale” non “a favore delle donne”, non “con le donne”, ma “insieme” uomini, donne, bambine, ragazzi, anziane, giovani, adulte, sacerdoti, padri, madri, nonni, parroci, figlie… perché questo ci chiede il Vangelo: “essere voce”, “essere annuncio”, senza preoccuparsi della “condizione”, ma della fedeltà alla Parola.

Sotto la croce di Gesù c’erano le donne, i Vangeli lo indicano e papa Francesco lo ricorda, sotto la croce di Gesù c’era una madre, Maria, una “donna in piedi”, donna nel dolore, ma donna che non fugge, che “sta”.

In quel tragitto doloroso c’erano “donne che si battevano il petto” e Gesù ha uno sguardo per loro, ha parole per loro, non ha parole troppe “semplici o delicate”: Gesù sa che le possono comprendere.

Al sepolcro, di buon mattino vanno le donne e poi corrono a riferire, non scappano, non vanno a casa a “fare altro” perché il loro compito non è più necessario.

Tornano correndo. Annunciano.

A Maria di Magdala Gesù affiderà una missione: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”. Maria di Magdala andò quindi ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore! e anche ciò che le aveva detto” (Gv 20).

In quella prima comunità cristiana, al primo piano in quella stanza, con gli Apostoli c’è Maria, ma ci sono anche le donne (At 1,14). Gesù come ci viene indicato nel testo degli Atti degli Apostoli dall’evangelista Luca abbiamo le  parole di Gesù che lasciano il “programma” per i discepoli fino alla fine dei tempi, fino agli estremi confini della terra. Il “programma” per tutti i cristiani.

La Samaritana racconterà ai connazionali del suo incontro.

Marta correrà incontro a Gesù e farà una pura, bella e profonda dichiarazione di fede: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo” (Gv 11,27). 

Le donne sono “rimaste” erano “assidue”, “unanimi”.

E per tornare allo sguardo di Gesù non dimentichiamo a Marta e Maria (come ci vengono descritte nel Vangelo di Giovanni), Gesù “parla”, Gesù parla con loro di teologia;  forse potremmo raccogliere questo stimolo e incoraggiarci vicendevolmente a  intraprendere questa strada con la consapevolezza che il Signore cammina con noi.

Questi sono alcuni dei “volti” delle donne nei Vangeli: abbiamo bisogno di altro?

La Chiesa siamo noi, siamo tutti chiamati responsabilmente  a vivere la Parola di Dio, a farla “fruttificare”, ognuno con il proprio “ruolo” e “vocazione” e “missione” e “spazio”.

Dire e fare, ascolto e discernimento. Insieme.

Concludo con alcuni passaggi ripresi testualmente dal libro, che forse aiutano anche chi non si addentrerà nella lettura:

“Il genio femminile può dare un apporto incisio e trasformante nel mondo…e prosperità alla Chiesa” (pag 20)

“La Chiesa ha un cuore di madre” ( pag 22).

“Guardiamo a Maria per diventare costruttori di unità e facciamolo con la sua creatività di Madre, che si prende cura dei figli: li raduna e li consola, ne ascolta le pene e ne asciuga le lacrime” (pag 35).

“Si tratta di essere artigiani della pace, perché costruire la apce è un’arte che richiede serenità, creatività, sensibilità e destrezza” (pag 53).

“Amare significa anche rendersi amabili. L’amore non opera in maniera rude, non agisce in modo scortese, non è duro nel tratto… La cortesia è una scuola di sensibilità e disinteresse”… Essere amabile non è uno stile che un cristiano possa scegliere o rifiutare: è parte delle esigenze irrinunciabili dell’amore; perciò, “ogni essere umano è tenuto ad essere affabile””(pag 63).

“Le donne hanno una capacità di gestire e pensare totalmente differente dagli uomini, anche, io direi, superiore, un altro modo… Lo vediamo in Vaticano… Lo vediamo nella vita quotidiana” (pag 95).

“La donna ha la capacità di avere tre linguaggi insieme: quello della mente, quello del cuore e quello delle mani. E pensa quello che sente, sente quello che pensa e fa, quello che sente e pensa” (pag 95-96).

“Al principio della trama della vita, prima dei talenti che abbiamo, delle ombre e delle ferite che portiamo dentro siamo stati chiamati. Perché siamo amati… per fare di ciascuno di noi un capolavoro unico e originale” (pag 203-204).

E termina, Papa Francesco con questa esortazione, che è un “inno” alle donne ed all’impegno nel quotidiano:

“A noi è dunque chiesto di ardere d’amore: non accada che la nostra luce si spenga, che dalla nostra vita scompaia l’ossigeno della carità, che le opere del male tolgano alla pura alla nostra testimonianza. Questa terra, bellissima e martoriata, ha bisogno della luce di ciascuna di voi,o meglio, della luce che ognuna di voi è”. (pag 216)

“So che, qualsiasi sia il tuo nome, la tua età, la tua condizione, tu sposa, amata, madre, sorella, amica, sei unica.” (pag 8).