Novareglia è una delle più piccole e modeste borgate collinari dell’arco prealpino piemontese, situata a quasi settecento metri sul livello del mare.
La sua posizione geografica è sicuramente centrale in Valchiusella e con un’ottima esposizione. L’etimologia del nome potrebbe essere Novale, termine abituale presso i Romani e tramandato nell’uso letterario italiano per indicare un terreno per il quale si pagavano le decime, adattato per la prima volta a coltura, oppure come sinonimo di maggese.

Uno dei documenti più antichi riguardanti il paese di Novareglia risale al 1387, quando alcuni suoi rappresentanti si recarono a Ivrea per firmare l’obbedienza a casa Savoia.
Nel 1466 risiedevano in loco le famiglie Alberga, Mozia, Dereco, Torelli e De Ripa, quest’ultima attestata fin dal 1292. Nella prima metà del XIX secolo il borgo aveva una popolazione di 220 abitanti, formati da 40 famiglie. Nel 1865 si trovano 203 abitanti di cui 84 maschi, 119 femmine. Tra essi 56 celibi, 84 nubili, 24 coniugati, 28 coniugate, 4 vedovi, 7 vedove. In tutto 45 famiglie che abitano in 31 case e ve n’erano 2 vuote. Sempre in quell’anno vi erano 3 elettori politici e 45 amministrativi. Nel 1866 si registrarono: 1 matrimonio, 8 nascite e 3 decessi. Tra i personaggi che fecero parlare di sé, si rammenta Vincenzo Piana, soprannominato Cen-cio, il quale fu nelle Camicie rosse di Garibaldi e Giovanni Martinallo, sergente del Secondo Reggimento del Genio, il quale partecipò ai fatti rivoluzionari di Ancona del 1859 essendo insignito di medaglia d’argento al valore militare. Illustri notabili del Regno di Sardegna furono i notai e avvocati Bertarione, originari del luogo.

Vi era, nello stesso periodo, una scuola mista retta da una maestra. Una nota vede i suoi abitanti commerciare nei mercati di Ivrea e Castellamonte i latticini, le noci e le castagne, mentre alcuni erano emigrati.

Per la parrocchia e l’ufficio postale dipendeva da Vico.

A Novareglia villeggiarono per molti anni i conti Lionello e Teresa Nigra, rispettivamente figlio e nuora dell’illustre statista Costantino, anzi, il conte Lionello vi morì, quasi improvvisamente, nel 1908 in casa Martinallo.

Novareglia fu sede di molti magli e piccole imprese collegate alle vicine fucine di Meugliano e fu anche sede comunale fino alla seconda metà del XIX secolo per poi essere accorpata al vicino Vico Canavese. In ogni caso è rimasta una modesta e rustica borgata, priva degli edifici di sapore cittadino che invece adornano alcune strade di Vico o di Drusacco, ma arricchita dai palazzetti borghesi Martinallo e Bertarione e da un magnifico esempio di casa rurale, ottimamente conservata, precedente al-l’entrata in voga degli archi canavesani a sesto ribassato.
Nella centrale piazza sorge un piccolo lavatoio e la cappella di San Carlo Bor-romeo di cui non esistono documenti che comprovino l’esatta data di erezione e di cui tuttavia si fa menzione negli inventari che il pievano di Vico don Federico Pavetti redasse nel 1763-1764 / 1764-1765 / 1766. In essi è specificato che a Novareglia vi è una cappella propria della comunità del luogo, dedicata a San Carlo Borromeo.

L’edificio è descritto come di piccola capacità, voltata (ossia coperta da volta) e stabilita (costruita in pietra), col pavimento di bitume, col suo portico antistante sostenuto da due colonne di pietra rotonde, circondato da un muro dell’altezza di un piede. Nel secondo inventario è scritto che sulla volta del portico ci sono alcuni spaccamenti (elemento architettonico).
Si dice ancora che sopra la porta di ingresso vi è una pittura raffigurante la Vergine Maria col Bambino in braccio e lateralmente San Carlo Borromeo e San Biagio.

Anticamente sull’edificio esisteva un campanile a vela, demolito e sostituito nel 1913 dall’attuale torretta campanaria sulla quale è issata una campana con nota LA, fusa nel 1862 da Vallino di Bra (Cn) con l’iscrizione: Sancta Maria ora pro nobis.

Vi erano legati, terreni e altre rendite a favore della cappella e in paese si ergeva una Congregazione detta di Carità, sciolta agli inizi del novecento, nelle note della quale si scopre che nella seconda metà del XIX vi erano in paese venti persone indigenti.

La storia più recente ricorda il famoso bar La Tavernetta nel quale si svolgevano serate di ballo e convivialità che ebbe, per un certo periodo, tra i suoi frequentatori il cantante Adri-ano Celentano il quale svolgeva il servizio militare in zona ed era di stanza nel campo di Alice Superiore.

Di questo paesino così grazioso ricordo personalmente Pierina Bario, detta Pierina d’Alas, già anziana, curva sotto il peso delle molteplici fatiche della sua vita, conservava una innata giovialità e sapeva intrattenere chi passava davanti al suo cortile con intelligenza e sagacia. Abitava nella casa più antica del borgo, la quale pareva uno di quegli edifici descritti nelle fiabe, bassa, con piccolissime finestre totalmente in pietra e ricca di variopinti fiori nel cortile. Pierina visse una vita piena e non certo facile, ricordava e conosceva tanto della storia paesana e amava lasciare piccole perle di storia e di saggezza a tutti i suoi interlocutori.

Poi ricordo Marianna Fontana Rava, attenta custode della cappella di San Carlo, donna dal carattere deciso e autoritario, ma dotata di grande amore per il suo paese. Marianna era una pronipote di un fratello del Servo di Dio Padre Michele Fontana Rava di Vico Canavese (1758 – 1833), confessore e padre spirituale di San Giuseppe Benedetto Cottolengo.

Infine mi piace soffermarmi a guardare casa Martinallo, pensando che li hanno vissuto i protagonisti di una romantica e allo stesso tempo tragica favola ottocentesca, ossia Teresina Marten Perolino e suo marito Lionello Nigra, come ho già detto in precedenza.

Teresina era una contadina di Vico, Lionello il nobile figlio del famoso Costantino, e si conobbero proprio a pochi passi da Novareglia iniziando così la loro storia d’amore che fu duramente osteggiata dalla famiglia Nigra.

Il conte Costantino chiamò sempre “Madama” la nuora, in tono dispregiativo e non la considerò mai parte della famiglia, fino a quando ella, con grande bontà d’animo, si prese cura di lui negli ultimi tempi. Questa non fu l’unica croce di Teresina in seno alla famiglia. Dovette anche subire il disprezzo di altri componenti della nobiltà, il nuovo ambiente che si trovava a frequentare a motivo del suo nuovo rango in seno alla società, mentre il marito, col suo carattere debole e distante, non seppe mai prenderle le parti. Subì le crudeltà di una suocera che aveva seri squilibri mentali e soprattutto perse tutti e due i suoi figli. Il secondogenito, il suo “Ninin” già in età adolescenziale dopo aver sempre vissuto in carrozzella e non aver avuto il dono della parola, perì tra le sue braccia.

Ecco, il piccolo, giovò anche lui dell’aria pura di Novareglia, insieme alla sua amorevole madre e fu amato dai suoi abitanti.
Storie che narrano gli stretti vicoli di questa borgata valchiusellese.

Oggi seppur abbia an-ch’essa risentito dello spopolamento delle zone montane, Novareglia è il centro più densamente popolato della Valchiusella e gode ancora della presenza di un rinnovato ed efficiente negozio di alimentari e articoli per la casa.