Nacque a Barbania il 4 gennaio 1776 dal notaio Giorgio e da Anna Vittoria Vacca; a soli diciotto anni si laureò in Legge presso la Regia Università di Torino. Nel giugno 1796 decise di arruolarsi come volontario nell’esercito francese. Seguì le truppe francesi in Lombardia e prese parte all’assedio di Mantova. Scalò le gerarchie militari e nell’agosto 1797 fu promosso a sottotenente della Legione Cisalpina.

Dal dicembre 1798 all’aprile 1799 fu segretario del Comitato di sicurezza generale durante il Governo provvisorio e, nello stesso anno, fu promosso capitano della Prima Mezza Brigata di linea Cisalpina. Alla caduta del Governo provvisorio, il Drovetti riparò in Francia; rientrò in patria nella primavera del 1800, durante la Campagna d’Italia al seguito dell’esercito Napoleonico, come capitano di Stato Maggiore de l’Armée de réserve e aiutante di campo del generale Gioacchino Murat.

Prese parte alla battaglia di Marengo del 4 giugno 1800 e fu ferito gravemente ad una mano. Ricostituita la Repubblica Cisalpina, nell’agosto dello stesso anno fu nominato capo squadrone nel Primo reggimento degli Ussari piemontesi. Nel febbraio del 1801 il generale Luigi Leonardo Colli, di cui era stato aiutante maggiore, lo fece nominare Capo di Stato Maggiore della Divisione Piemontese de l’Armée d’Italie; nell’ottobre del 1801, ottenne l’incarico di giudice presso il Tribunale Criminale speciale di Torino, ruolo che occupò fino al marzo 1803. Il 20 ottobre 1802, su segnalazione dei generali Colli e Murat, Napoleone lo nominò Sottocommissario alle relazioni commerciali ad Alessandria d’Egitto.

Nel maggio 1803, Drovetti sbarcò ad Alessandria e trovò un paese che, dopo la ritirata delle armate Napoleoniche, versava in una grave situazione politica ed economica. Al fine di colmare il vuoto di potere venutosi a creare, fu nominato governatore Mehmet Ali, un ufficiale dell’esercito ottomano.

Drovetti, nominato nel 1811 console generale, stabilì con Ali un rapporto di aiuto reciproco, al fine di estendere la sua autorità a tutte le province. Durante il governo di Mehmet Ali l’Egitto raggiunse la piena autonomia militare, politica e commerciale. Furono avviate importanti opere in campo agricolo, quali la costruzione di bacini, dighe e canali per favorire l’irrigazione dei terreni; fu introdotta la coltivazione del cotone; fu avviato l’allevamento delle pecore merinos, fornite dal Marchese Michele Benso, presidente della Società pastorale; fu posta la necessaria attenzione alla salute pubblica, attraverso programmi di vaccinazione contro il vaiolo, la costruzione dell’ospedale di Alessandria, la fondazione di una scuola di medicina; furono istituite scuole per la formazione dei giovani egiziani.

La permanenza in Egitto fece maturare in Drovetti l’interesse per la raccolta delle antichità locali; forte delle conoscenze scientifiche già acquisite dalla Commission des sciences et des arts durante la Campagna d’Egitto e che portò alla stesura della monumentale opera Description de l’Égypte, egli dedicò quasi dieci anni alla ricerca di reperti, avvalendosi della collaborazione dell’amico di vecchia data Antonio Lebolo, nativo di Castella-monte, e dei francesi Jean Jacques Rifaud e Joseph Rosignani. Nel 1811 Drovetti accompagnò nella valle del Nilo il generale Vincent Yves Boutin in una missione politico – archeologica.

Alla caduta di Napoleone perse l’incarico diplomatico, ma rimase in Egitto. Nel 1816 si spinse fino alla seconda cateratta del Nilo e visitò i templi della Nubia e Abu Simbel; a novembre, iniziò gli scavi nella zona di Tebe che durarono per circa quattro anni. A inizio 1819 partì per l’esplorazione delle oasi di Dakhla e di Kharga; nel marzo 1820 arrivò fino all’oasi di Siwa. Qui dedicò la sua attenzione anche alla classificazione delle specie botaniche.

Negli anni successivi, si dedicò agli scavi nel Basso Egitto, a Fayyum e a Tani. Drovetti, che nel 1821 fu nuovamente nominato console generale dal re Luigi XVIII, iniziò a collezionare reperti e a costituire una cospicua collezione che custodì all’interno di magazzini in territorio egiziano e, in seguito, a Livorno.

La notizia dell’esistenza della sua collezione solleticò l’interesse di Auguste De Forbin, direttore dei Musei Reali di Francia. Nel dicembre del 1819, Carlo Vidua, conte di Conzano, incontrò ad Alessandria il Drovetti e il 20 gennaio 1820 scrisse a Prospero Balbo, ministro degli interni del Regno di Sardegna, per proporre l’acquisizione della collezione “fatta da un piemontese” affinché “non finisca in un paese straniero ma in patria”.

Il Re Carlo Felice diede il suo assenso all’acquisto di 8234 pezzi di antichità egizie al prezzo di 400.000 lire. L’atto d’acquisto fu firmato il 29 dicembre 1823. I reperti presero la strada di Torino, trasportati fino a Genova via mare e poi su carri di artiglieria, e costituirono il primo nucleo del Museo Egizio, ospitato nell’edificio dell’antico Collegio dei Nobili, insieme ai reperti già acquisiti da Vitaliano Donati.

La collezione suscitò immediatamente l’interesse degli studiosi e Jean François Champollion, colui che decifrò i geroglifici e tradusse la Stele di Rosetta, soggiornò per nove mesi a Torino, a partire dal giugno del 1824, per approfondire i propri studi sui reperti ospitati nel museo, affermando che “la strada per Menfi e Tebe passa da Torino”.

Nel 1827, una raccolta di circa 4000 pezzi fu venduta al Museo del Louvre; una terza collezione fu venduta al Museo di Berlino nel 1836. Nell’agosto del 1828 Drovetti accolse la spedizione scientifica nell’alta valle del Nilo organizzata da Champollion e da Ippolito Rosellini.

Nel giugno del 1829 rientrò in patria per motivi di salute e soggiornò per lunghi periodi a Barbania. Morì a Torino il 9 marzo 1852.