Negli ultimi dieci anni il numero di poveri nel nostro Paese è più che raddoppiato. Lo dice l’Istat che aggiunge – come se non bastasse – che i segnali di ripresa per il futuro non sarebbero così confortanti come qualcuno li dipinge per giustificare, soprattutto, l’aumento del debito pubblico verso il quale spinge la manovra del Governo. “Le prospettive a breve termine dell’economia in base ai segnali forniti dall’indicatore anticipatore stimato dall’Istat non sono favorevoli – dicono all’Istituto Nazionale di Statistica -: negli ultimi mesi l’indicatore ha seguito un andamento discendente e questo lascia prevedere che la fase di crescita contenuta possa prolungarsi”.
In Italia vivono 5 milioni di persone in condizione di povertà assoluta, quasi 1,8 milioni di famiglie. E’ il dato più alto dal 2005. Si sta un po’ peggio al sud e nelle periferie delle aree metropolitane (anche del nord), nelle famiglie dove è presente almeno un figlio minore (peggio se ce ne sono due o tre); in quelle dove il capofamiglia è sotto i 35 anni… i non occupati, chi è in possesso della sola licenza elementare, chi lavora come operaio, le famiglie di soli stranieri.
La gente comincia a capire e mostra i primi segnali di agitazione, gli entusiasmi post elettorali calano, soprattutto per chi ha come preoccupazione prioritaria il lavoro e non l’immigrazione, strumentalizzata a fini propagandistici ed elettorali. Il consumo è stagnante e si fa strada la propensione al risparmio. Se la crisi economica è certo colpevole di questa situazione, non siamo sicuri che non lo sia anche l’incapacità della classe politica – passata e presente -, che non ha saputo adottare misure realmente efficaci contro il nostro generale impoverimento.