“Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:
oggi, nella città di Davide,
è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.
Questo per voi è il segno: troverete un bambino avvolto in fasce,
adagiato in una mangiatoia»
(Lc 2,10-12).
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(elisabetta acide) – L’ annuncio è quello della notte di Betlemme del 7-6 a. C.
Una notte come le altre, una nascita… ma non come “le altre”.
Forse una “congiunzione astrale” di Giove con Saturno (fenomeno che compare ogni 805 anni), un “fenomeno astronomico”; possiamo presumere con attendibilità storica l’anno, non il mese, certo il luogo, l’ “evento” storico, è quello del censimento di Cesare Augusto, sotto il governo di Quirino, il 33° del “regno” di Erode che morirà nel 4 a.C. (754 dalla fondazione di Roma).
Non un’eclisse, non una cometa, non lo scoppio di una supernova, non piccoli asteroidi o bolidi vaganti… un Dio Incarnato.
Un bambino deposto in una mangiatoia, in un katályma.
Un “riparo” per uomini e animali.
Una “casa” per Dio.
La meraviglia della Speranza.
La Speranza oltre l’ insperato.
Non serve altro: un riparo, una mamma, un papà e l’abbraccio di Dio.
Dieci chilometri circa da Gerusalemme: così vicino e così “lontano”.
Due futuri genitori “osservanti” delle regole del giuramento di fedeltà chiesto ai cittadini ebrei alle regole romane di Augusto.
Un viaggio.
Nella città di Davide (Mt 2,5-6; Lc 2,4).
In quella città del pastore, altri pastori.
Di notte.
Le notti in Palestina, in Giudea, sono piene di insidie per chi pascola il gregge, soprattutto quando questo è dato “in custodia” e quei pastori “vegliano”, meglio: “vegliano le veglie”.
Esattamente come Davide, (1Sam 16,11; 17,15.28.34), all’ombra di quella “torre del gregge”, quando, dopo la nascita di Beniamino a Betlemme, egli pianta la tenda al di là di Migdal-Eder (Gen 35,21).
Un annuncio: “Oggi è nato per voi un salvatore, che è Cristo Signore, nella città di Davide” (Lc 2,10-12).
Nel tempo in cui Cesare Augusto, si faceva chiamare sotér e kyrios, “salvatore” e “signore”, Gesù, il Cristo-Messia nasce nella città di Davide.
”Salvatore e Signore”.
L’annuncio è dato ai pastori: “oggi (il vero Signore e Salvatore) è nato”.
“Un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12).
Dio in un bambino: un “segno” descritto da san Luca, Maria partorisce il suo figlio primogenito, lo avvolge in fasce e lo pone in una mangiatoia, “perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Lc 2,6-7).
E in quella “casa” una famiglia … e arrivano … invitati dagli angeli.
I pastori svegliati e svegli… vanno alla nascita…
Anche noi, come i pastori, siamo “chiamati”, ci viene chiesto di “recarci alla grotta”, di fermarci ad adorarlo, ma poi ripartire.
Annunciare.
L’annuncio della nascita di Gesù, del Salvatore, del Signore della storia.
E l’annuncio ha percorso i secoli, è arrivato a noi, “dentro le nostre giornate” e ci “chiama”, ci “interpella”.
L’annuncio, ricco di luci, di colori, di festa… ma forse “povero” di fede cristiana.
Regali, auguri, installazioni, decorazioni, messaggi…
E L’incarnazione?
“Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità” (Gv 1,14).
L’Incarnazione.
Oltre l’ impossibile, oltre il nulla, perché “Nulla è impossibile a Dio”.
Il Mistero di Dio.
La Grazia e la Verità di Dio per l’uomo, ed ancora oggi siamo alla ricerca della verità, pastori scettici e “dormienti”, pastori che forse non riescono a “vegliare”.
Alla “ricerca”, ma ancora “addormentati” e “sonnolenti”, claudicanti e sonnacchiosi, che esitano all’annuncio, che si interrogano e non hanno il coraggio di “andare alla grotta”.
Pastori temporeggiatori, indecisi, pigri, smemorati, inghiottiti dagli ingranaggi del tempo e dell’ economia …
Pastori dell’ “avremo tempo”, “ci pensera qualcun altro”, del “dovrò farlo io”?
Pastori che si preoccupano della “coreografia” del Natale e non della “sostanza”, del “politicamente corretto” e non della “Verità cristiana”.
Natale è quella notte, quel Bambino, quel Dio Incarnato.
I pastori sono i “chiamati”, i “solleciti”, quelli che pur domandando, partono, vanno, vedono, adorano, annunciano.
I pastori sono i “camminatori di speranza”.
Non i vagabondi e neppure i turisti, i passeggiatori … solleciti camminatori, pellegrini chiamati.
Una meta, un annuncio…
E’ Nato.
Il Natale ci interpella, quel bambino ci interpella, quegli angeli con il loro “Gloria a Dio” ci interpellano, quei “pastori” ci guidano.
Verso quella mangiatoia.
Verso l’ Infinito: il Tutto nel nulla.
“Non temete”.
Perché abbiamo paura? Perché non abbiamo coraggio? Perché rimaniamo nel silenzio delle nostre “sicurezze”, nel sottovoce delle nostre quiete certezze che “ci bastiamo”, che deve “bastare a noi”…
“Non temete”.
Verbo che precede l’annuncio, verbo che annienta la paura, verbo che chiede di “andare”.
L’evangelista San Luca ci “invita” ad andare, come i pastori sono stati invitati dagli angeli: il Bambino è lì, Dio è lì.
Senza l’annuncio non lo riconosceremmo, senza la Parola, quell’annuncio sarebbe “muto”.
E noi come i pastori che in quella notte diventano un po’ i “protagonisti”, senza ovviamente togliere la “scena” al Protagonista, siamo chiamati ad un annuncio di prossimità, ad un annuncio di Verità, ad un annuncio con la vita, con la gioia degli angeli, con la speranza che non delude…
Siamo “pastori”, camminatori e annunciatori o siamo semplicemente “guardiani dei greggi” dormienti e tranquilli?
Non sono soli i pastori in quella notte a Betlemme, hanno vicini gli angeli, portano quella “Parola” che giunge “dall’Alto” e quei pastori ci parlano di un bambino.
Quel Bambino, quella nascita, non una delle tante, “La Nascita” del Figlio di Dio e l’annuncio non è solo per gli abitanti di Betlemme, è anche per noi, oggi.
Per noi che siamo “chiamati” al cammino di fede, che siamo stati “chiamati” alla fede, che abbiamo ricevuto il dono della fede e che non possiamo “tenerlo per noi”.
Un dinamismo di un cammino, fatto di “passaggi”, di testimonianze e testimoni, di angeli, di pastori, di cristiani… uomini e donne … in cammino.
Possiamo essere raggiunti dall’annuncio se ci mettiamo in cammino e se a nostra volta diventiamo annunciatori.
Questo è “l’annuncio del Vangelo”.
Siamo ancora capaci di Annunciare?
Siamo ancora “capaci” di Dio?
Siamo cristiani che si mettono in cammino?
Papa Francesco ci invita ad essere “camminatori”, non semplici “passeggiatori”, “camminatori di speranza”, di quella speranza che è Vangelo, che è Cristo, di quella Speranza che ci chiede di essere gioiosi, annunciatori.
Da “bivaccatori” ad annunciatori: questo hanno fatto i pastori.
Da “sdraiati” e “comodi” sui nostri divani, a cristiani maturi e responsabili, che “tracciano” nuove strade, che percorrono nuovi sentieri, che camminano per le vie del mondo con una notizia: Il Verbo Eterno si è incarnato e noi dobbiamo dirlo al mondo.
“C’erano i pastori in quella regione…”
“Ci sono i cristiani oggi nel mondo…”
E Gesù è nato.
E’ nato per loro e per noi, per tutti…
“Vegliavano le veglie bivaccando”
E noi?
Cristiani che si accontentano del “natale delle luci”, del “natale delle vacanze”, del “natale delle feste e dei pranzi”.
E il Natale di Gesù?
Quanto abbiamo imparato ad “attendere”, “vigilanti”, “profeti” che sanno “leggere” i disegni di Dio?
Forse, siamo diventati “cristiani che non sanno più attendere” che si “accontentano” della “venuta” e basta.
E se non sappiamo più “attendere”, non possiamo più essere “uomini e donne di speranza”, uomini e donne che devono saper “rendere ragione della speranza che è in noi”.
Il Natale è per noi il Dio che Incarnato, ha “accorciato” quella distanza tra cielo e terra, è il Dio che ha Incarnato la Parola, il Verbo che ci ha parlato del cielo, che ci ha “aperto” gli occhi vigilanti verso il cielo.
Abbiamo bisogno di “non temere”, di essere cristiani coraggiosi, di essere “cristiani” che ascoltano e annunciano, che camminano e parlano, che camminano e guardano…
Il timore non è paura, il timore è la consapevolezza che ciò che era atteso si sta avverando, il timore è ciò che non ci fa nascondere, ma che ci invita a celebrare il Natale del Signore, il Natale di Gesù, non il natale dell’atmosfera o dello “spirito” che ci avvolge in una “magia”.
Il Natale del Signore è Carne, è Parola, è Amore.
Non temiamo: il Vangelo è questa notizia, è gioia, è “l’annuncio annunciato”: Dio si è fatto uomo per l’uomo.
Non temiamo: La Parola vince sulle insicurezze, sulle fragilità, sul peccato, sull’umano…
“Per voi oggi…”
“Per noi”
Per ciascuno di noi, per la comunità dei pastori, per la comunità Chiesa, per le nostre comunità, per tutti gli uomini, per l’umanità: è Nato.
L’oggi dell’ascoltatore della Parola, è l’oggi dei pastori.
L’oggi della salvezza, l’oggi della Parola che viene ad “abitare” con noi, tra noi, perché noi, accogliendolo, possiamo “abitare” con Lui, perché il nostro “dimorare” sia la nostra vita di cristiani.
Dio “dimora”, il Salvatore, Cristo Signore è venuto a portare la salvezza.
La salvezza dal peccato e dalla morte.
La salvezza che passa attraverso l’umiltà: in una mangiatoia.
La “lezione” di Dio al mondo: troppo presi dalla corsa del denaro, del successo, del potere, del prestigio, ci siamo dimenticati di quella “mangiatoia”, di un Dio che nasce dandoci una “lezione di vita” che ancora non siamo riusciti a comprendere.
L’umiltà che vince la nostra superbia.
L’ umiltà oltre la nostra arroganza.
Lo “straordinario” nell’umiltà, lo Stra-ordinario nell’ordinarietà dell’uomo, rimanendo Dio.
Un Dio Stra-ordinario.
Il Mistero del Natale.
Lo Stra-ordinario di Dio che si fa uomo.
Lo Stra-ordinario nell’ ordinarietà.
Lo Stra-ordinario di Dio che ci invita alla straordinarietà della sua Incarnazione, per essere anche noi uomini stra-ordinari, uomini e donne che sanno amare, accogliere, accompagnare.
Uomini e donne di misericordia.
Ecco il Natale del Signore: l’annuncio della stra-ordinarietà della Pasqua, della Risurrezione, della gioia e della Speranza.
Lo Stra-ordinario di un Dio Onnipotente, di un Dio che non esita a “mandare il Figlio” nell’umiltà della mangiatoia, perché anche noi impariamo a essere umili, semplici, “piccoli”, senza timore, ma con Speranza.
E quelle parole di Papa Francesco (Udienza generale 21 dicembre 2016 Sala Paolo VI) oggi come allora, risuonino per noi “seminatori di speranza”, camminatori e annunciatori di quella gioia che viene dalla pace:
“contemplando il presepe, ci prepariamo al Natale del Signore. Sarà veramente una festa se accoglieremo Gesù, seme di speranza che Dio depone nei solchi della nostra storia personale e comunitaria. Ogni “sì” a Gesù che viene è un germoglio di speranza. Abbiamo fiducia in questo germoglio di speranza, in questo sì: “Sì, Gesù, tu puoi salvarmi, tu puoi salvarmi””.
Abbiamo “fatto il presepe”, non basta, fermiamoci a “contemplarlo”, a “raccontarlo”.
Diventiamo “presepe”.
Il presepe è “segno”, è “vangelo vivo”.
E allora, diventiamo “Vangelo vivo”.
Parliamo della bellezza dell’Amore di Dio.
Divina bellezza.
Il Divino “visibile”, “sperimentabile”, “comprensibile”.
La Divina bellezza incarnata: il fondamento della nostra fede.
La Divina bellezza conosciuta e riconosciuta.
Forse il Natale di oggi potrebbe essere questo: conoscere Gesù e poterlo ri-conoscere.
La potenza di un Dio che salva.
La Divina Bellezza ha un nome “Emmanuele”: Dio con noi.
Dio vicino.
E se Dio è vicino non lo lascio “fuori” dalla mia casa, dalla mia vita.
Lo ”faccio entrare”.
“Aprite, spalancate le porte a Cristo!”
Siamo riusciti ad “aprire” o abbiamo solo “socchiuso” e poi ci siamo “ritirati” nuovamente nelle nostre tranquillizzanti ma magari precarie sicurezze?
La Bellezza di Dio con noi sarà il nostro Natale si speranza.
In Gesù la fede si fa speranza, avviciniamoci a Dio che si fa vicino, diventiamo pastori portando noi stessi quello che siamo e torneremo ricchi e gioiosi perché, abbracciati dall’Amore di Dio, potremmo portare la bellezza dell’Amore, non perché siamo “bellezza”, ma perché “diventeremo bellezza” che risplende dell’Amore di Dio.
Il Natale ci chiede di “prenderci cura” di questo Amore, della gioia che nasce dalla speranza, e di non ”trattenere” per noi l’annuncio, ma di diffonderlo e testimoniarlo.
“Nella speranza siamo stati salvati” (Rm 8,24).
E il Natale è alba, orizzonte, è luce, è dono e cammino.
Natale è quella “porta” che si apre, è “Grazia di Dio che porta la salvezza a tutti gli uomini” (Tt 2,11-12).
Buon Natale! Con l’augurio che l’Amore possa germogliare in noi semi di speranza.
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“Quando venne la pienezza del tempo,
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna,
nato sotto la Legge…perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4)