“Alla ricerca di tesori nascosti o dimenticati”: questa potrebbe essere la chiave di lettura di un piccolo volume che presenta tredici itinerari di visita relativi a luoghi e palazzi non lontani da Torino, e quindi anche in Canavese, alcuni sicuramente noti e molto visitati ed altri, invece, decisamente al di fuori dei tradizionali circuiti turistici e quindi poco conosciuti, talvolta anche per alcune oggettive difficoltà di fruizione.

Il titolo: “A due passi da Torinotredici itinerari intorno alla città” a cura di Cinzia Ballesio, Neos edizioni. Il volumetto ha come elemento unificante la collocazione geografica degli itinerari in provincia di Torino; dal Castello di Rivoli alla Sacra di San Michele, ma anche la Sinagoga di Carmagnola, la Canonica regolare di Santa Maria di Vezzolano o l’Ecomuseo “Sogno di luce” – Museo della lampadina di Alpignano, dedicato ad Alessandro Cruto di cui già abbiamo parlato in queste pagine a proposito del recente testo di Gianni Oliva dedicato ai pionieri dell’industria piemontese.

E proprio come in quel volume l’ultimo capitolo era dedicato a Camillo ed Adriano Olivetti, anche in questo l’ultimo itinerario racconta del museo a cielo aperto delle architetture olivettiane ad Ivrea, dal 2018 patrimonio Unesco. La precisa descrizione del percorso che si snoda dalla “fabbrica di mattoni rossi” alla Chiesa di San Bernardino per toccare poi il Centro Residenziale Ovest e giungere, infine, a Palazzo Uffici, diventa un’occasione per presentare, seppure in modo sintetico, le varie tappe del sogno olivettiano con un occhio di particolare riguardo ai progettisti chiamati ad Ivrea a dare forma all’idea di Comunità di Adriano Olivetti.

Si parte con Figini e Pollini che furono, nel 1926, tra i fondatori del “Gruppo dei 7”, che contribuì a divulgare in Italia il razionalismo in architettura e che iniziarono a collaborare con Adriano Olivetti nel 1934 con la realizzazione delle Officine, per progettare poi l’Asilo Nido e, nel 1954, la struttura destinata ai Servizi sociali che forse meglio di altri mostra come i due architetti avessero perfettamente colto lo spirito olivettiano dell’azienda “aperta”.

C’è poi Eduardo Vittoria, che nel 1951 venne chiamato ad Ivrea da Adriano Olivetti e che progettò, tra l’altro, il Centro Studi ed Esperienze, la Centrale termica, alcune case per dirigenti e l’Officina Macchine Utensili di San Bernardo; Ignazio Gardella che nel 1953 progetta la mensa Olivetti, appoggiata sulla collina dietro gli stabilimenti, realizzata senza l’effettuazione di scavi o di riporti di materiale, ma seguendo la geometria naturale del terreno; ed infine, in rapida successione, il rivoluzionario Centro Residenziale Ovest “Talponia” di Roberto Gabetti e Aimaro Oreglia d’Isola, le unità residenziali progettate da Nizzoli e Oliveri e, per concludere, immerso nel verde, Palazzo Uffici, realizzato tra il 1960 e il 1964 dagli architetti Fiocchi, Bernasconi e Nizzoli. Una sequenza di personaggi che hanno certamente segnato la storia dell’azienda ma che hanno contribuito a segnare in modo profondo anche la storia della città di Ivrea.

Con un salto prodigioso indietro nel tempo di quasi mille anni un altro personaggio “canavesano”, sempre in bilico tra leggenda e realtà storica, emerge dal volumetto: si tratta di Arduino, dal 990 Marchese di Ivrea; una figura che oscilla tra l’esaltazione frutto di una certa storiografia locale, ma anche risorgimentale, descritto, a torto, come un antesignano della lotta per l’unificazione d’Italia e, per contro, la sua demonizzazione da parte di chi, invece, lo ridimensiona presentandolo come un personaggio di scarsa rilevanza storica. Per una analisi rigorosa del personaggio Arduino si rimanda ad un saggio del 2023 del Prof. Giuseppe Sergi, già ordinario di Storia medievale presso l’Università di Torino, che lo colloca nella giusta luce, evidenziandone i limiti ma anche il significativo ruolo nell’ambito della storia d’Italia. Tornando alla nostra libro-guida, di Arduino si parla nella presentazione dell’itinerario relativo alla Rocca di Sparone, dove il re si rifugiò, nel 1004, dopo la sconfitta subita contro le truppe di Enrico II e che divenne il suo quartier generale, ma dal quale fece numerose sortite che gli permisero di continuare a “fare il re” continuando addirittura a coniare monete.

E di Arduino si torna a parlare, ovviamente, nella scheda dedicata alla Abbazia di Fruttuaria a San Benigno dove il “Re d’Italia” si ritirò e morì nel 1015. In quest’ultimo itinerario le due autrici hanno sapientemente inserito, accanto alla descrizione della struttura dell’Abbazia, le note storiche più significative che la riguardano: dalla posa della prima pietra per volontà di Guglielmo da Volpiano al periodo di grande sviluppo nei secoli XII e XIII, alla successiva decadenza di fine XV secolo, alla sua ricostruzione intorno al 1770 che preservò, della struttura originaria, la sola torre campanaria, per arrivare, infine, alla scoperta del dicembre 1979 quando, durante alcuni lavori che prevedevano la rimozione del pavimento risalente al settecento, emersero i bellissimi mosaici della struttura originaria che oggi sono visitabili all’interno di un percorso archeologico che permette di vedere i resti dell’antica Abbazia di Fruttuaria.

Una notazione la merita una meta che, pur non essendo canavesana, pur tuttavia è tanto affascinante quanto sconosciuta. Si tratta de “L’officina della scrittura: il segno di un sogno” all’Abbadia di Stura. Qui ancora oggi si trovano gli stabilimenti Aurora, azienda fondata a Torino nel 1919 da Isaia Levi per la produzione delle famose penne stilografiche. Grazie all’idea della famiglia Verona, dal 1960 proprietaria dell’azienda, nasce “L’Officina della scrittura” che è sì un museo aziendale ma anche una splendida occasione per attraversare le varie fasi che hanno contraddistinto la storia della scrittura, dai primi pittogrammi ai moderni sistemi di scrittura digitale.

L’area più strettamente “aziendale” permette invece di far scorrere davanti agli occhi del visitatore tutti i modelli delle penne stilografiche che hanno reso famoso il marchio torinese: innanzitutto l’“Aurora” del 1919, così battezzata quale segno di speranza dopo la notte buia e terribile della Prima Guerra Mondiale, il modello “Asterope” del 1934 che, come recitava il messaggio pubblicitario ”si apre e si chiude con una mano”; il modello “Etiopia” che venne lanciata sul mercato in occasione della campagna d’Africa del regime fascista, fino al modello “Topolino”, frutto dell’accordo con la Walt Disney, e, infine, la mitica “Auretta” degli anni Sessanta, certamente nota ai lettori “meno giovani”.

In conclusione possiamo dire che si tratta di un gradevole volumetto, utile guida per le classiche “uscite di un giorno” che possono però diventare spunti per approfondire momenti significativi della storia del nostro territorio.