Il Giubileo del Mondo della Comunicazione ormai alle porte pone la riflessione su come – da chi ne riceve solo i frutti – esso venga interpretato, capito, giudicato ed aiutato.
Viene “interpretato” sovente come un mondo ingarbugliato, multilinguistico e talvolta poco armonico e con un linguaggio lontano da chi legge. Recentemente ho letto un’analisi geopolitica del papato di Francesco: riflessioni interessanti e in buona parte aderenti al vero. Il problema sono il registro inarrivabile e la lunghezza biblica: io l’ho letto solo perché ero molto interessato all’argomento, ma avrebbe scoraggiato chiunque altro.
“Capito” poi come un mondo che ha bisogno di silenzio. Un vero problema è l’iper-informazione. Il lettore non sa più dove girarsi, trova tutto e il contrario di tutto, non sa di chi fidarsi, quale opinione sia valida, chi leggere. In due parole: è saturo. Santo silenzio, quindi.
Benedetto XVI, nel 2012, per la Giornata per le Comunicazioni Sociali scriveva: “Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto”. Rispettandolo, quando avremo qualcosa di davvero importante da dire, ci ascolteranno tutti. Altrimenti è un po’ come gridare “al lupo, al lupo!”.
Ancora, quello della comunicazione viene “giudicato” come un mondo in evoluzione precipitosa e naturale. Non cambiano solo le tecnologie, ma anche i modi e i mondi di comunicare. Chi pensa che i social siano solo un mezzo non li ha capiti: sono un mondo in cui si abita. Come comunicatori studiamo le tecnologie, sapendo che non sono queste a fare una buona comunicazione, ma la forza del messaggio che trasmettiamo.
“Aiutato” con la fiducia e lo spirito critico. Proviamo a fidarci dei professionisti, quando tutti crediamo di esserlo. Non abbandoniamo l’essere costruttivamente critici nello scegliere cosa leggere e nel coltivare un’informazione meritevole.
I prossimi giorni romani, in seno al Giubileo, offriranno strumenti preziosi in entrambe le dimensioni. Momenti di formazione, come il Seminario della Pontificia Università della Santa Croce con oltre 600 professionisti da tutto il mondo, per nuove competenze e prospettive evangeliche. Ma è nella grazia del Giubileo, nel cammino di fede, nell’incontro con Dio, che ognuno, anche il comunicatore, può guardarsi dentro e comprendere meglio la propria vocazione.
Comunicare è un mestiere che ha i suoi frutti solo se fatto con vocazione, riscoprirla cambierà completamente le carte in tavola. E anche leggere non è da meno!