“Subito entrerà nel suo tempio il Signore”
(Ml 3, 1): la Festa della Presentazione di Gesù, dell’Incontro (Hypapante nel mondo greco), chiamata anche tradizionalmente Candelora, riporta l’attenzione su un episodio dell’infanzia di Gesù, a quaranta giorni dalla Sua Nascita (Lc. 2, 22-40). La Sacra Famiglia si reca a Gerusalemme per adempiere due prescrizioni della Legge, anche se questa non parla della necessità di recarsi al Tempio: la presentazione del primogenito (cfr. Es 13, 2.12-13) e la purificazione della madre (cfr. Lv 12, 2-8).
“Portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore” (v.22): Maria e Giuseppe vogliono compiere questo atto, prescritto nella legge mosaica, a Gerusalemme, facendo convergere tutto il campo d’azione sul Tempio, quasi a sottolineare che la “presentazione di Gesù simboleggi l’atto di offrire il Figlio dell’Altissimo al Padre che lo ha mandato” (Benedetto XVI, 02/02/2013). Un elemento essenziale è l’ordinaria straordinarietà dell’avvenimento, che si inserisce nel quotidiano, nella “provvidenza nascosta di Dio”, così definita da San John Henry Newman, che aggiungeva: “quel bambino portato in braccio, è il Salvatore del mondo, che viene, sotto l’apparenza di uno sconosciuto, a visitare la propria casa”.
“Ora lascia o Signore… perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza… luce per illuminare le genti” (Lc. 2, 25-35): la preghiera del Nunc dimittis, adoperata dalla Chiesa nella Compieta, è la sintesi di questa festa, dedicata, da ventisette anni, alla vita consacrata. Nella figura del Figlio presentato al Tempio si scorge “l’icona della donazione della propria vita da parte di coloro che, per un dono di Dio, assumono i tratti di Gesù vergine, povero e obbediente”, diventando “segni di Dio nei diversi ambiti di vita” (Papa Francesco, 02/02/2014), luce che brilla grazie alla vera Luce. La Luce vera invita a essere testimoni; “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Giov 8:12): alla sequela di Cristo, nella docilità del cuore e sull’esempio di Simeone a Anna, ognuno è invitato ad accogliere la luce nella propria vita: “nessuno si rifiuti di portare la sua fiaccola.. le nostre lampade esprimano soprattutto la luminosità dell’anima, con la quale dobbiamo andare incontro a Cristo, luce gloriosa e perenne” (San Sofronio).
Lc 2,22-32 (Forma breve)
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.
Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti».