Sono stato invitato ad un incontro di alcuni gruppi famigliari della mia parrocchia: famiglie junior e mature, nonni e giovani genitori, bambini che scorrazzano e altri che gattonano, alcuni più grandicelli. Coppie e famiglie si sono interrogate sulla sfida, oggi così ardua, di essere genitori e figli, stimolati da un brano del poeta Khalil Gilbran.
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sé stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
e benché vivano con voi non vi appartengono.
Divisi in cinque gruppi, adulti, giovani, meno giovani e bambini hanno condiviso le diverse esperienze, cercando di cogliere alcuni aspetti essenziali della genitorialità e della figliolanza: la situazione oggettiva dell’essere genitori e figli, gli aspetti positivi e negativi, le emozioni e i sentimenti. I gruppi si sono confrontati per una mezz’ora abbondante, per poi presentare in plenaria la sintesi delle riflessioni emerse. C’era anche il gruppo dei bambini che, accompagnati da alcuni giovani educatori, hanno raccontato come e quando per la prima volta si sono sentiti “grandi” in famiglia.
Sono stato molto colpito dalla positività e dalla contentezza che tutti, grandi e piccoli, hanno testimoniato. Anche le notti insonni, le preoccupazioni per la crescita e la difficoltà di fronte alle ribellioni dei figli adolescenti e la tristezza per una malattia sono state raccontate come parte di una esperienza bella e ricca, che valeva la pena affrontare ed è desiderabile continuare a vivere.
Il contributo più bello è stato quello dei bambini, che si sono raccontati attraverso i loro disegni. La serie più numerosa era rappresentata da un trattore, un camion e un’automobile. Poi un ragazzino si è “ritratto” in divisa da basket, con il pallone in mano, celebrando il suo primo canestro.
Infine due disegni mostravano una bambina che preparava la torta con la mamma e tutta la famiglia riunita attorno ad un immenso tavolo apparecchiato. Nella loro semplicità raccontavano di essersi sentiti grandi quando i genitori hanno fatto sognare loro cose grandi, oppure facilitato un’impresa memorabile – il primo canestro – ma soprattutto stando con loro a cucinare e riuniti tutti insieme per la cena.
“Voi siete gli archi da cui i vostri figli come frecce vive sono scoccati”.