(editoriale di carlo maria zorzi) Non ci sembra necessario arrivare proprio fino in fondo per rimbalzare e riprendere quota. Il livello di egoismo a cui ci troviamo, insieme a una buona dose di intolleranza e di fastidio per tutto ciò che non siamo noi, mi pare sia già molto preoccupante.
Oggi prevale il “first”, “prima” gli… Il resto viene dopo e poco importa come. Vogliamo ancora credere che gli italiani – tra l’altro cantori dell’amore, ineguagliati e riconosciuti nel mondo – non abbiano smesso di dare ascolto al cuore (senza per questo mettere in un cantuccio l’intelligenza). E’ un momento un po’ così, ma non è il caso che si prolunghi troppo. La nostra vocazione e tradizione è di condivisione, di ascolto, di attenzione per gli altri.
Ci pare che in un lasso di tempo neppure troppo lungo, ma denso di propaganda, il bene comune sia stato scalzato a favore del bene comune “first”, che non è più la stessa cosa. Enfatizzare il “first” a scopi propagandistici ed elettoralistici sta dando i risultati sperati, fors’anche più delle previsioni della vigilia, che avranno come capolinea i risultati elettorali della prossima primavera, quando si voterà per le Europee e in molti casi anche per le Regionali, le Provinciali e le Comunali.
L’umanesimo cristiano deve ritrovare il suo posto di collante di una “società” che ha smesso di essere tale per diventare “singolarità”. Un collante indebolito sprofonda l’uomo nell’abisso della paura, e approfittare della paura della gente – appositamente coltivata – per strattonarla verso orizzonti dove la democrazia potrebbe non essere la preoccupazione principale, mi pare sia la strada che stiamo percorrendo. Non basta ricordare corsi e ricorsi storici del Vico, non basta crogiolarsi nel pensiero che la storia non insegna nulla.
Tutto vero, ma tutto inadeguato alla necessità di rinsavire quanto prima, mettendo da parte la timidezza nel difendere la persona umana, ritrovando la coscienza dell’umanità e del valore della persona, senza “first” e senza ma.