Gli incontri che cambiano il nostro percorso spesso avvengono “per caso”. Così è stato con Vito Molinari. Lo conobbi un sabato negli studi Rai di Saxa Rubra, durante le registrazioni di A Sua Immagine. Era stato invitato per i 70 anni della televisione italiana e io, lo ammetto, non sapevo chi fosse. In trasmissione scoprii che quell’anziano ometto, dall’energia incredibile, aveva scritto la storia della televisione. Fu lui a dirigere il programma inaugurale della Radio Televisione Italiana il 3 gennaio 1954 e, con oltre 2mila trasmissioni all’attivo, fu anche il primo a curare la regia delle Messe in diretta. “Nella regia di una Messa non si può intervenire”, mi raccontò più tardi, “si fa una ripresa televisiva, l’evento deve essere ripreso com’è, senza modifiche”.

Per me, che sto facendo alcune ricerche proprio sulla trasmissione della Messa, era un’occasione imperdibile. Lo ricontattai per la tesi e, con grande disponibilità, mi invitò per una chiacchierata nella sua casa di Chiavari.

Partii in auto da casa, con due microfoni, una videocamera e mille domande in testa. La sua casa si affacciava sul mare blu intenso, che ben si sposava con il bianco immacolato delle pareti, trapunte di infiniti libri e qualche vaso di vetro. Anche lui era così: bianco di capelli e blu profondo negli occhi da regista. Perché essere regista è una vocazione: vuol dire avere lo sguardo giusto per raccontare la realtà.

Molinari arrivò alla televisione attraverso il teatro. “Avevo fondato a Genova il CUT, il primo Centro Universitario Teatrale in Italia”, mi raccontò. Fu lì che lo notarono e lo chiamarono a sperimentare uno strumento che ancora non esisteva. Insieme a un gruppo di giovani, ne inventò il linguaggio. Capì come raccontare con le immagini in movimento. Fu lui a osare per la prima volta un’inquadratura rivoluzionaria: “Per la prima volta si è vista la faccia del sacerdote, anziché solo la schiena, mentre celebrava la Messa”, erano gli anni pre-conciliari.

Dietro le telecamere, senza paura di finirci davanti, Molinari ha sempre cercato di raccontare il mondo. Alla fine della nostra chiacchierata, mi fece un dono prezioso: il suo ultimo libro con una dedica. E mi chiese, con un’umiltà che mi commosse, di mandargli la mia tesi una volta terminata. Purtroppo non potrò più farlo: martedì è mancato. Ma il suo sguardo e il suo insegnamento resteranno con me.