Foto Agenzia Fides
Il 14 febbraio scorso, il sacerdote Donald Martin – soprannominato Father Don (“don Don”, diremmo noi) – è stato ritrovato cadavere nella sua parrocchia nella diocesi di Mandalay, in Myanmar. La sua chiesa, il santuario dedicato alla Madonna di Lourdes, durante le recenti celebrazioni, aveva attirato moltissimi fedeli. Infatti, don Don si distingueva nell’accoglienza dei tanti profughi, in fuga dalla violenza che ha investito l’intero Paese dal colpo di stato di 4 anni fa.
Il suo corpo è stato oggetto di una inaudita brutalità, mutilato con armi da taglio e machete, sfigurato come il suo Myanmar, allo stremo per la fame, le malattie e soprattutto la violenza. Le persone cercano di sopravvivere, aiutate soprattutto da gruppi caritativi, principalmente cattolici. I sacerdoti spesso vivono da sfollati in mezzo alla loro gente: come a Loikaw, dove l’esercito ha occupato il complesso della cattedrale di Cristo Re per farne una caserma. Il vescovo e i suoi preti condividono la vita nei campi profughi.
Nel totale disinteresse internazionale, il 24 novembre dello scorso anno (nella vigilia della festa nazionale in ricordo della prima protesta studentesca che, nel 1920, avviò il Paese verso l’indipendenza), in un accorato appello alla fine dell’Angelus Papa Francesco, espresse la sua vicinanza all’intera popolazione del Myanmar, soprattutto i più vulnerabili: bambini, anziani, malati, rifugiati (tra i quali i Rohingya, che mai dimentica dopo il suo viaggio del 2017)… “A tutte le parti coinvolte rivolgo un accorato appello affinché tacciano le armi, si apra un dialogo sincero, inclusivo, in grado di assicurare una pace duratura”.
Invano!
È terribile ricevere le notizie dei tanti, dimenticati e sempre più violenti conflitti. Il Sudan non trova pace e il conflitto acuisce le crisi nel vicino Sud Sudan. La situazione nelle regioni del Kivu, nell’ovest della Repubblica Democratica del Congo è spaventosa.
Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame. Anche il profeta e il sacerdote
si aggirano per il paese e non sanno che fare.
Alle accorate lamentazioni di Geremia fanno eco le risposte di Dio attraverso Isaia:
Perché tu sei prezioso ai miei occhi,
sei stimato e io ti amo…
Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?