Tempo fa ero andato a sentire un concerto in ricordo del maestro Franco Battiato, autore che ascolto con insistenza e dedizione. Venerdì scorso, prima di andare a lezione, leggendo le notizie di giornata – un po’ su testate di riferimento e un po’ su ciò che l’algoritmo mi suggerisce – mi è capitato sott’occhio una notizia che di notiziabile non ha nulla, se non fosse che me ne innamoro subito. Annuncia una data imminentissima a Roma dello spettacolo “Torneremo ancora” di Cristicchi e Amara sul Battiato mistico e pensatore. In due minuti l’ultimo biglietto disponibile è mio, alla faccia della sindrome da shopping compulsivo. Direi che è facile farmi cadere nel giogo della pubblicità…. Che giogo piacevole talvolta!
Lo spettacolo è una meraviglia, mi commuovo e per la prima volta avverto un interprete che si sintonizza con la sensibilità del maestro e ne diventa strumento. Si inizia con alcuni canti spiritualisti, qualcosa in aramaico e altre lingue antiche. Suoni primitivi, strumenti meditativi e melodie viscerali: l’atmosfera è comunque sempre autentica, mai esagerata, mai forzata. Simone Cristicchi è un uomo di teatro, lo si vede che in televisione un po’ soffre. Fra le assi cigolanti del palco invece è un mostro gentile, un uomo nel suo posto naturale.
Capire Battiato non è semplice: ci sono vari livelli di lettura. Ad un primo livello, superficiale e semplicistico, si sovrappone sullo stesso testo e spartito un paradigma più profondo ed ampio, frutto della ricerca personale di Battiato e del suo incommensurabile anelito verso il Divino. Rifugge le definizioni, non etichetta e incasella il trascendente, non lo imprigiona in una religione… lo ama e basta. Comprensibile che il suo approccio possa essere d’esempio fino ad un certo punto se uno la domenica recita il Credo, ma la vera cifra sconvolgente del maestro è unire i due livelli e rendere pop la più complessa ricerca spirituale.
Sempre con tatto, senza gettare perle ai porci, Battiato è modello come uomo in ricerca, in un mondo in cui il desiderio trascendentale viene puntualmente soffocato da qualsivoglia stimolo effimero. E il bello è che ci illudiamo che ci basti. Battiato no, sa che non basta, e ce lo canta in tutte le lingue; dall’arabo all’aramaico passando per un improbabile dialetto siculo inventato.
Come il maestro, anche Cristicchi è padrone di quella sensibilità che lo rende delicato e profondo: un testimone raccolto, un omaggio perfetto. E il pubblico, in piedi, lo capisce e applaude in lacrime.