La catastrofica guerra dei dazi proclamata da Trump non colpisce soltanto l’economia mondiale ma determina un drammatico oscuramento degli spiragli di pace: a Gaza e in Medio Oriente, dopo una breve tregua, è ripresa la guerra; in Ucraina il conflitto russo-ucraino non è mai stato interrotto.
All’origine della crisi c’è la visione economicista e nazionalista della Casa Bianca: per Gaza Trump ha proposto la deportazione di 2 milioni di palestinesi per trasformare quella terra martoriata nella nuova Costa Azzurra del Medio Oriente, con investimenti miliardari. Un arricchimento su una Regione che sta vivendo un calvario di morti, feriti, distruzioni, esodi… Nessun accenno ai due Stati (israeliano e palestinese) previsti dalla Carta dell’ONU; soprattutto via libera alla rottura della tregua firmata con Biden da Netanyahu e Hamas (la cui responsabilità per il massacro del 7 ottobre 2023 resta immutata); il tutto mentre il governo di Gerusalemme, dove sono rientrati i ministri della destra ultra-religiosa, ha ripreso la distruzione di Gaza, facendo riemergere all’ONU l’accusa di genocidio.
Sul conflitto russo-ucraino è emersa un’attenzione primaria alle risorse delle “terre rare” (che valgono migliaia di miliardi) insieme ad un’assoluzione completa di Putin per l’aggressione a Kiev, nella logica della spartizione delle zone d’influenza tra Usa e Russia. Ma il Cremlino, alla prova dei fatti, non ha accettato la tregua proposta da Trump e riconosciuta da Zelensky, ponendo una serie di pre-condizioni (tra cui il commissariamento del governo di Kiev) e continuando nel frattempo a bombardare le città ucraine.
Il primato dell’economia e degli interessi nazionali ha messo in un vicolo cieco la strategia mondiale di Trump, cui manca un disegno politico complessivo per il mondo di 7 miliardi di persone, mentre emerge sempre più urgente il rispetto delle regole, la tutela della Carta dell’ONU e dei diritti internazionali, nella logica della solidarietà, senza il prevalere dello spirito nefasto del “più forte”. Come ricorda con fermezza il presidente Mattarella, i conflitti sanguinosi dell’Ottocento sono sempre nati da un nazionalismo esasperato.
In Italia la linea Trump è stata sostenuta dal Congresso della Lega, che ha riconfermato Salvini segretario. In video è intervenuto il super-miliardario Elon Musk, promotore dell’estrema destra europea (compresi i filo-nazisti dell’AfD). Tutte le responsabilità sono state attribuite all’Europa (ma i dazi chi li ha messi? E le bombe su Kiev chi le manda, Putin o Ursula von der Leyen?). La posizione del vice-premier mette in oggettiva difficoltà la Meloni, alla ricerca di un precario equilibrio tra Usa e Ue. La presidente del Consiglio, che la prossima settimana vedrà Trump, ha criticato i dazi americani, attenuandone tuttavia la portata economica e politica. Resta una domanda di fondo: sono sufficienti alcune correzioni della strategia dei dazi o il problema è più grave e concerne l’intera linea della Casa Bianca verso l’Europa (e il mondo)?.
Nel centro-sinistra, dopo le riuscite manifestazioni pacifiste di Roma (Pentastellati) e Bologna (i Sindaci), c’è un crescente distacco da Bruxelles: Conte è in rottura totale, la Schlein opta per “modifiche radicali” del piano di difesa della von del Leyen; nel “campo largo” dissenso sull’Ucraina, con il Pd schierato con il Kiev, mentre gli ex Grillini avevano apprezzato “la svolta” di Trump a favore di Putin (Conte, durante la campagna elettorale Usa, non si era espresso tra Biden e Trump, “scandalizzando” i dem).
In questo contesto l’autorevole “Corriere della Sera”, molto critico con la Casa Bianca, ha scritto che l’alternativa alla Meloni non può giungere dalla sinistra, ma da una nuova alleanza tra riformisti e moderati dei due poli.
Stretta tra Washington e Bruxelles, Roma rischia una condizione di marginalità, mentre esplodono sulla società i danni dei dazi (basteranno i 25 miliardi stanziati dal governo?). Contestualmente appare indispensabile rilanciare una prospettiva di pace, cominciando dalla tregua nei conflitti, ascoltando gli incessanti appelli che giungono dalla Cattedra di Pietro.