(elisabetta acide) – Forse è bene ricordare che il “Triduo Pasquale” (letteralmente, se ci facciamo aiutare dall’Enciclopedia Treccani dal lat. triduum “periodo di tre giorni”…celebrazione storico-rituale del mistero pasquale che ha inizio la sera del giovedì santo con la messa in cena Domini e si conclude con), non è un semplice “ricordo”, ma è attuazione del Mistero della Passione, Morte, in attesa della Risurrezione.
Non è un semplice “gioco di parole” o una inutile “precisazione”.
A volte, occorre fermarsi sulle parole, anche quelle di cui presupponiamo di conoscere il significato, perché, a volte il “ripensare”, avvia ad una riflessione.
Da tramonto a tramonto.
“Il Triduo della Passione e della Risurrezione del Signore, risplende al vertice dell’anno liturgico, poiché, l’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio è stata compiuta da Cristo specialmente per mezzo del mistero pasquale, col quale, morendo, ha distrutto la nostra morte e risorgendo, ci ha ridonato la vita. La preminenza di cui gode la domenica nella settimana, la gode la Pasqua nell’anno liturgico. Il Triduo Pasquale ha inizio dalla Messa in Coena Domini, ha il suo fulcro nella Veglia Pasquale, e termina con i Vespri della Domenica di Risurrezione”. (Norme generali per l’ordinamento dell’anno liturgico e del calendario 18.19).
La “chiave interpretativa”, dunque, in quella “Veglia del Sabato”, per dare “senso” alla Vita Donata, non come “ricordo”, ma come “obbedienza” salvifica.
Celebrazione del Mistero.
Partecipazione.
Attuazione del Mistero.
Un Gesù “orientato”, ci dice l’evangelista Luca, alla passione, per il “compiersi del Regno”.
Da quel 14 di Nisan dell’anno 30 d.C. a quelle celebrazioni “santissime” (sec V-VII), di cui ci parlano S.Ambrogio e S. Agostino, alla riforma del 1956 ed ancora al seguire degli aggiornamenti del Concilio Ecumenico Vaticano II (1969).
Seguire Gesù… passo passo… dalla cena alla tomba…
E quella notte… fuoco, acqua, Scritture, preghiere, Eucaristia, salmi…
Il “giorno della settimana” dei teli a terra e della tomba vuota.
Il “giorno” della luce, della vittoria, della Vita.
Il giorno dell’alba e della ricerca… il giorno del “perché cercate”…
Giorno di ricerche e di cammini, giorno del Vivente, ma giorno di ancora si sente smarrito… di chi pensa di aver smarrito il cammino.
Non “nella tomba”, Dio va cercato come Vivente, non tra i morti.
Dio va cercato con le corse affannose ma gioiose, con i passi stanchi ma solleciti, con il fiato “corto” e i sospiri fiduciosi della Speranza.
Il Triduo Pasquale ci accompagna a tavola, nell’Eucaristia, nell’orto del Getzemani, nel sinderio, nel pretorio, sul Golgota, sulla croce, nella tomba…
Il Triduo ci ha accompagnati “nella fede”: certa, sicura… “se Cristo…”
Ma Cristo E’ RISORTO.
Il “senso” della croce, il compimento… oltre quei giorni della creazione, oltre la liberazione della pasqua, oltre i teli… l’uomo e Dio.
Il compimento, la prospettiva del Regno.
“Non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio” (Lc 22,16)… “da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio” (Lc 22,18).
Una cena tra amici, un pasto “insieme”, una “cena d’amore”.
Ardiamo di desiderio, vogliamo nutrirci dell’Eucaristia.
Insieme, nella comunione.
Comunione con Dio, comunione con l’uomo.
Vivere la comunione nell’Amore per essere portatori di comunione.
La liturgia, l’azione comune nella fede.
Comunione, ascolto, relazione.
Preludio della Pasqua.
La condivisione del Se Stesso.
E giunge la fine…
Parola, preghiera, adorazione.
“tetelestai” ( letteralmente “è giunta la fine”).
La “fine” di quell’Amore senza fine.
L’Amore della fine, oltre la fine.
La croce del Vivente.
La croce che “guarda” noi che siamo lì “sotto”.
“Tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo (théorian, contemplazione) ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto” (Lc 23,48).
Guardiamo e contempliamo quella croce in quel giorno.
Giorno per l‘uomo, per la chiesa, per il mondo.
Contemporanei alla Pasqua di Cristo.
La Vita in Cristo.
Dono dello Spirito.
Umanità nuova.
“Come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati intimamente uniti a lui a somiglianza della sua morte, lo saremo anche a somiglianza della sua risurrezione” (Rm 6,4-5).
Peccatori perdonati.
Peccatori santificati.
Peccatori redenti.
Con gli occhi di Dio.
Liberi per Dio.
E quel giorno uno… non solo il “primo dopo il sabato…”, il primo…
Termine ed inizio.
Il giorno “dell’alba”, quella “senza tramonto”.
“Ed esse si ricordarono delle sue parole e, tornate dal sepolcro, annunciarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri” (Lc 24,10)
La “finitezza” dell’incomprensione… le luci dell’alba.
L’alba profonda, quella che prende il sentore degli aromi che quelle donne portano con sé.
Immerso in quel chiarore delle prime luci, quelle che spegno le stelle… passi affrettati… parole prorompenti… tra ricordo e memoria: annuncio inarrestabile.
Passi, luci e profumo…
Dalla contemplazione della croce, all’azione.
Dal legno alla pietra… e quella “pietra rotolata”, si chiama Speranza.
La tomba “vuota”, perché solo così c’è certezza.
Solo con l’esperienza di morte c’è l’Esperienza della Risurrezione.
Entriamo… nulla… volti a terra…
Sguardi smarriti… parole che risuonano…
Il Vivente non può essere nel “niente”, nel “nulla”, nella “tomba”…
Il Vivente ha parlato e quelle parole udite in Galilea sono ancora vive nella mente.
Parole ricevute.
Ascoltare, vedere e non riconoscere.
San Luca ci invita, con il suo racconto, a fare “esperienza” della Risurrezione.
Ne abbiamo testimonianza e portiamo testimonianza.
San Luca ci invita a trovare il Vivente, Colui che non è più nel tumulo, Colui che è Risorto, per lasciare spazio alla Vita.
Perché il Risorto lo “incontreremo”.
In Comunione.
In Vita.
In Amore.