Come giornalista e fotografo, ho avuto tante occasioni di trovarmi vicino a Papa Francesco, in contesti ufficiali, solenni, vivi. Celebrazioni a San Pietro, a San Paolo fuori le Mura, a Santa Maria Maggiore. Proprio lì, il 5 agosto scorso, nel giorno della Dedicazione della Basilica e nella ricorrenza della famosa “nevicata”, al termine dei vespri il Papa volle passare tra noi giornalisti. Nessuno lo aveva previsto. I fotografi avevano tutti i super teleobiettivi montati, troppo lunghi per quello che stava accadendo: un gesto semplice e inatteso. Ci guardò, ci sorrise, e ci ringraziò per il nostro lavoro. Nessuno riuscì a scattare una foto decente. Ma quell’incontro resta più vero di qualsiasi immagine.

Alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, lavoravo con il comitato organizzatore nella comunicazione. Anche lì venne vicino, passò fra i giornalisti, provato nel corpo ma fortissimo nel cuore. Per i giovani si è fatto giovane. Ha trovato parole nuove e gesti capaci di arrivare in profondità. Quel suo “Todos, todos, todos”, gridato a pugno chiuso, resta come un’eredità: una Chiesa dove davvero c’è posto per tutti, nessuno escluso.

Ma i ricordi a cui tengo di più sono quelli personali. Ho avuto la grazia di parlargli alcune volte. La prima nel 2021, quando con una piccola delegazione andammo a ringraziarlo per la nomina del delegato pontificio per l’incoronazione della Madonna di Oropa. Il cardinale Re ci accolse con calore, e il Papa ci ricevette con un sorriso limpido e una battuta affettuosa di Nino Costa sui biellesi. Una battuta che riemerse anche nell’ultima occasione in cui lo rividi. Nonostante la fatica e la stanchezza che ormai era visibile, conservava la voglia di scherzare, di far sentire accolti. E soprattutto non smetteva mai di stringere mani, di incontrare sguardi, di benedire e farsi vicino.

Nei giorni del suo ricovero al policlinico Gemelli, Roma sembrava sospesa; in Via della Conciliazione non c’era anima viva tranne i soliti giornalisti frenetici. L’aria era carica di silenzio, di apprensione, di preghiera. In questi giorni la Città Eterna si è fermata. E con lei, il mondo intero. Ma anche in questo momento, Papa Francesco ci lascia un’ultima parola, forse la più grande: il messaggio della Pasqua. Il messaggio della vita che vince la morte, dell’amore che non finisce. Con le ultime forze non ha risparmiato di visitare i carcerati il Giovedì Santo e di benedire Urbi et Orbi il mondo intero. Grazie Papa Francesco.