Sono diventato nonno per la quindicesima volta. I giovani figli vivono con grande speranza la loro vita, in un mondo caratterizzato da confusione e incertezza.
La prima parola che disse Matteo da piccolo fu “guarda!”. Certamente c’è stata la cura della sua baby sitter, poi diventata, per volontà della mamma morente, sua sorella. Crescendo mostrò il talento naturale di una vista acuta, capace di individuare per primo un animale nella savana. A scuola faceva bene in matematica, con grande piacere di mio papà, professore di matematica, ma anche del nonno materno, ingegnere. Completò brillantemente ingegneria. Subito fece progetti, tra cui quello di conquistare una bella studentessa di architettura, Giulia, diventata sua moglie. Diventato ricercatore, completa il dottorato a Milano; poi Barcellona e Londra. Infine la Scozia, dove vivono.
Ad allietare la famiglia arriva prima Rachele, che ora ha 5 anni. Giulia concepisce un bimbo che ai primi controlli presenta una grave malattia congenita. Viene suggerita l’interruzione della gravidanza, che i genitori scartano senza esitazione. Matteo assiste all’amniocentesi: “Ho percepito che stavamo violando la sua casetta senza chiedergli permesso”. Infatti, per i due giovani quella creatura è il loro bambino. Decidono, non senza fatica, di accompagnarlo nel suo cammino. Alla nascita avrebbero capito da lui se la chirurgia poteva aiutarlo. Dopo due giorni di vita Samuele risponde, come l’omonimo profeta biblico, alla chiamata del Signore e vola in cielo.
Era il 14 gennaio 2015.
È stata una perdita dolorosissima, ma il Signore ha amato la loro offerta e la prontezza con cui Samuele Olweny (guerriero) ha risposto alla chiamata. Prima è arrivato Giovanni Okello e ora Michele Omita (ti ho voluto).
Per un figlio “offerto”, con letizia e nel dolore, ne sono arrivati due, in poco meno di quattro anni.
Dio ci ha dato tanti talenti, come la vista e la passione per la ricerca di Matteo, ma ci ha dato anche la sua promessa: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
La sua parola è un talento che va fatto fruttare.
Santa Josephine Bakhita direbbe “Io ho dato tutto al mio Parón: Lui penserà a me, ne è obbligato”.
Filippo Ciantia