(di Cristina Terribili) Bella la parola “corresponsabile” quando le responsabilità sono sempre a carico di uno… soprattutto di quello che, secondo noi, sbaglia. Ed è interessante declinare questa parola all’interno del “Piano Triennale dell’Offerta Formativa” – il cosiddetto “PTOF” per chi frequenta il mondo della scuola – la carta d’identità di ogni istituto, per renderlo comprensibile a tutti. Molto interessante è la circolare del Miur in cui si legge che “il PTOF deve, necessariamente, essere predisposto antecedentemente alle iscrizioni, per consentire alle famiglie di conoscere l’offerta formativa delle scuole così da assumere scelte consapevoli in merito all’iscrizione dei figli” e poi ancora “Per la scuola secondaria, le famiglie dovranno anche sottoscrivere il Patto educativo di corresponsabilità”. Ecco. Magari i genitori potranno fare finalmente una scelta tra scuole secondo orientamenti ben definiti, consapevoli di quale educazione desiderano dare ai figli; magari la scuola potrà evitare sgradevoli ricorsi o lamentazioni varie da parte di chi non era stato adeguatamente informato sui contenuti educativi dei vari laboratori. Magari alcuni insegnanti potranno uscire nel cortile della scuola sereni e senza paura di essere aggrediti. Finalmente, forse, alcuni genitori spenderanno pochi dei preziosi minuti della loro vita per leggere quello che tale scuola prevede per l’educazione dei ragazzi con tanto di obiettivi da raggiungere.
Infatti, molto frequentemente è la famiglia a non essersi posta dei veri obiettivi educativi e a non aver chiaro cosa desidera per il proprio figlio. La mamma e il papà non sempre si sono messi d’accordo su quali percorsi avviare un bambino per poi monitorarli e modificarli man mano che il figlio cresce, che struttura la propria personalità e le proprie competenze.
D’ora in poi, in questo contesto educativo, la famiglia è parte in causa, perché la scuola descriverà il contesto a cui fa riferimento, così come descriverà i bisogni che ha accolto o che desidera accogliere; spiegherà le risorse strutturali e professionali, e la famiglia avrà modo di riconoscersi o distanziarsi, accogliere o rifiutare, in ogni caso essere responsabile delle proprie scelte. Quando poi lo studente diventerà maggiorenne dovrà anch’egli sottoscrivere il patto educativo; la stessa consapevolezza e la stessa capacità di scegliere per sé e per il proprio futuro deve essere anche una sua corresponsabilità.
L’ambiente scolastico e quello familiare dovrebbero dunque collaborare insieme; la responsabilità se uno studente non raggiunge il successo scolastico potrà essere data solo in parte alla scuola. Se gli insegnanti si rifiutano di portare in gita la scolaresca, sarà anche responsabilità della famiglia che è venuta meno ad un patto educativo che prevede il rispetto delle regole.
Tutto bene, insomma. Anche se poi mi vengono in mente i figli che vivono in quelle famiglie conflittuali, dove, sebbene i genitori siano separati, trovano ogni scusa per compiere esercizi di potere a scapito dei bambini. Mi viene in mente il genitore pronto a dire che il patto lo ha firmato solo l’altro genitore, perché la gestione della scuola è spesso delegata al genitore con cui il bambino pernotta più spesso.
La circolare riporta, come sempre del resto, che qualora non ci sia il consenso delle famiglie, il ragazzo venga esonerato dallo svolgimento di quelle attività. E allora che cosa potrebbe accadere? Potremmo vedere protocollate sentenze dei giudici a favore di uno o dell’altro genitore? Ci aspetteremmo un numero maggiore di bambini a disagio perché un genitore ha per l’ennesima volta saltato la scadenza per la presentazione del consenso o della quota? I nonni potranno far parte di questo patto con la scuola visto che spesso sono quelli che si fanno, già oggi, carico degli accompagnamenti o del sostegno economico per le attività? La circolare parla anche di valutazione alla fine del triennio: basterà solo attendere le statistiche?