Il 3 dicembre 2004 fu un giorno importante per la cultura eporediese: nell’Aula Magna del Liceo “Carlo Botta” l’allora vescovo di Ivrea Arrigo Miglio e il vescovo emerito Luigi Bettazzi dialogarono con un interprete eccezionale della letteratura cristiana. Si trattava di Eugenio Corsini, già professore ordinario di Letteratura greca e di Letteratura cristiana antica all’Università di Torino, infaticabile esegeta di un testo tanto affascinante quanto inestricabile come l’Apocalisse di Giovanni, ultimo libro del Nuovo Testamento, a cui Corsini aveva dedicato buona parte della sua riflessione intellettuale.
Nel 1980 era stato pubblicato il suo volume “Apocalisse prima e dopo”, tradotto in tre lingue straniere e ristampato cinque volte in Italia; a distanza di molti anni il libro fu interamente riscritto e ripubblicato come “Apocalisse di Gesù Cristo secondo Giovanni” (Sei, Torino 2002). Nel nuovo titolo si poteva riconoscere una parte importante della radicale prospettiva interpretativa con cui Corsini leggeva lo scritto giovanneo: esso è in primo luogo rivelazione (in greco, “apokálypsis”) di Gesù Cristo, ossia del suo sacrificio perenne e universale, quale momento imprescindibile per la fondazione della “nuova economia”. In secondo luogo, l’apocalisse (intesa anche quale genere letterario della rivelazione profetica, dai testi giudaici fino alla “Commedia” dantesca) era ricondotta da Corsini all’antica, sorgiva connotazione ecclesiale di annuncio di salvezza valido per tutte le genti del mondo. Il filologo dimostrò che l’interpretazione escatologica, tutta imperniata sulla raffigurazione di catastrofi cosmiche e distruzione nel giorno del giudizio finale, aveva una propria storia, ma posteriore alla redazione dell’Apocalisse di Giovanni. Il testo che suggella il Nuovo Testamento, dunque, non è una lugubre prefigurazione di morte e persecuzione, bensì la cronaca simbolica e artisticamente elaborata del supremo sacrificio che dà valore al cristianesimo, la morte di Gesù.
Eugenio Corsini si è spento a Rivoli lo scorso 22 marzo, all’età di 93 anni. Quando ne compì 90 fu festeggiato dall’Accademia delle Scienze di Torino, di cui era Socio Nazionale; ma già al compimento dei 70 anni, nel 1994, allievi, colleghi e amici gli tributarono l’onore di un volume miscellaneo di studi e ricerche (“Voce di molte acque”, Zamorani, Torino).
Eppure, negli ultimi anni, il Professore confidava l’ambizione di voler riscrivere ancora il libro sull’Apocalisse, per aggiornarlo e approfondire numerose questioni esegetiche, come se le due versioni licenziate non fossero già perfette per la piena comprensione della tesi centrale. Anzi, il carattere che più desta ammirazione – insieme alla portata esegetica – è appunto la loro cristallina leggibilità, a riprova di una preclara capacità di Corsini di presentare con semplicità e chiarezza problemi difficili, senza abdicare mai alla puntualità linguistica e filologica.
Del resto, il suo impegno non si esaurì affatto nella sola filologia dei testi antichi; al contrario, Corsini affiancò sempre all’indagine storico-critica la creazione del poeta e dello scrittore, la verve del polemista militante, la vocazione civile e politica di chi aveva vissuto la guerra e sofferto la sua barbarie con ferite non rimarginabili. Lo scrittore italiano moderno più amato, Beppe Fenoglio, era stato suo amico: con lui condivideva anche l’origine langarola, le cui pavesiane ambientazioni riemergevano spesso dal ricordo di tempi lontani. Ogni allievo, a sua volta, oggi può ricordare con quale forte coerenza il Professore sapesse proporre accostamenti a tutta prima incongrui, visto che i suoi corsi universitari appaiavano la Passio Perpetuae e l’Edipo re, gli Uccelli di Aristofane e l’Apocalisse. Non si trattava di civetteria, tanto meno di gusto per la stravaganza accademica, giacché il teatro era sempre presentato come canale privilegiato del messaggio socio-politico, mentre il testo religioso, per esempio, si rivelava una fonte di valori umanistici ancor più importanti di quelli confessionali.
Questo tipo di paziente, metodica, ironica e finissima strategia didattica costituiva l’ultima propaggine della lezione di Michele Pellegrino, il vescovo professore, maestro di Corsini e fondatore della cattedra di Letteratura cristiana antica a Torino (che fu anche la prima del genere in un’università pubblica italiana). Ma forse si potrebbe risalire molto più indietro per ritrovare la scaturigine prima della grande scuola umanistica da cui Eugenio Corsini proveniva, e pensare alla laicizzazione degli studi religiosi attraverso la filologia testuale, che fu l’invenzione più geniale, duratura e capitale per la cultura europea di Erasmo da Rotterdam.
Michele Curnis