(Cristina Terribili)
Ci sono bambini che hanno l’argento vivo addosso, vivacissimi, che sembra non si fermino mai, con un naturale pieno di energia. Ci sono quelli che hanno gli occhi che saltellano su tutto, che si immergono in ciò che osservano per alcuni secondi, che sembrano rapiti dall’intensità di un colore, da un oggetto, da un suono ma che passano immediatamente ad un altro colore, oggetto, suono, e a qualunque altra cosa che attiri la loro attenzione.
Ci sono bambini che mettono a dura prova i genitori, altri gli insegnanti perché, in alcuni casi, tanta energia e vivacità nasconde un disturbo del neurosviluppo: il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI), meglio conosciuto con l’acronimo anglosassone ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder).
Essere vivaci non è in sé un disturbo: ma se il bambino non riesce a raggiungere i propri obiettivi – per difficoltà d’attenzione o incapacità a gestire e regolare il proprio comportamento, perché l’impulsività non gli consente di riflettere sulla richiesta postagli – e se queste difficoltà si esprimono in 2 o più contesti (a scuola e a casa, per esempio), allora siamo di fronte ad un problema che rischia di compromettere il bambino stesso nel suo funzionamento sociale e scolastico.
Molte sono le persone famose a cui è stato diagnosticato il disturbo di attenzione e iperattività: Michael Jordan e Michael Phelps, due vere e proprie icone che hanno trovato nello sport un modo positivo per indirizzare la carica di energia; il cantante Justin Bieber e Daniel Radcliffe (l’attore di Harry Potter), due artisti che hanno canalizzato le loro peculiarità e trovato il campo d’azione dove poter emergere con le loro doti. Anche Walt Disney e Agatha Christie sembra soffrissero di disturbi di attenzione, e sebbene abbiano dovuto fare i conti con alcune limitazioni, hanno potuto comunque esprimere la loro creatività ed il loro genio.
L’ADHD si mostra già nell’infanzia e ha le caratteristiche di un disturbo cronico. Per questo c’è bisogno di un’identificazione precoce per l’avvio di un trattamento adeguato, in grado di permettere al bambino di saper conoscere, e in seguito, gestire al meglio la sintomatologia connessa con il disturbo. I bambini e le bambine con ADHD non sono impertinenti, non sono irrispettosi, non sono insensibili alle richieste dell’altro. Sono bambini in difficoltà, che faticano ad arrestarsi, che faticano a selezionare gli stimoli che provengono dall’ambiente per cogliere solo quelli utili al contesto, che rischiano di venire esclusi dai giochi con gli altri perché non riescono a rispettare il turno, perché parlano troppo o interrompono sempre. Chi soffre di ADHD ha bisogno di un pacchetto di interventi che tenga conto degli aspetti medici, psicologici, comportamentali ed educativi.
L’intervento terapeutico deve riguardare il bambino ma anche la famiglia e la scuola, affinché si possano mettere in atto modalità di comportamento e di comunicazione utili a sostenerlo. Se osservando il vostro bambino apprezzate la sua vivacità, il suo acume, ma notate anche che mostra inattenzione o facile distraibilità (che si manifestano nella scarsa cura per i dettagli o l’incapacità a portare a termine le azioni intraprese), impulsività (che si manifesta con la difficoltà ad organizzare azioni complesse, passando repentinamente da un’attività all’altra), iperattività (che si evidenzia, tra le altre, con la difficoltà a stare seduti), non esitate a rivolgervi ai servizi di neuropsichiatria infantile o ad altri professionisti della salute mentale dell’età evolutiva con competenze specifiche nella diagnosi dell’ADHD per definire, se necessario, un protocollo terapeutico condiviso a scuola, in famiglia e con l’equipe sanitaria.
Questo, insieme ad una valutazione ben fatta, consentirà al bambino di crescere felice, costruendo il proprio sapere e le relazioni interpersonali in modo corretto e sconfiggendo il senso di inadeguatezza e di ansia di fronte alle proprie difficoltà.