Dieci punti critici, che chiamano in causa i genitori
(Cristina Terribili)
ROMA – Amin Morin, autrice del libro “Le 13 cose che i genitori mentalmente stabili non fanno” ha pubblicato recentemente sul New York Times, un articolo dal titolo “Perché sempre più adolescenti americani soffrono di forme severe di ansia?”. La Morin individua 10 punti su tutti e leggendoli ci accorgiamo che non si tratta solo di un problema degli adolescenti degli USA.
Il primo focus è sull’elettronica, che offre una via di fuga non reale, malsana. L’accesso costante ai dispositivi digitali permette ai bambini e ai ragazzi di evitare emozioni spiacevoli quali la noia, la solitudine, o la tristezza. Il costante evitamento (termine tecnico che in psicologia clinica indica una modalità di pensiero persistente e invalidante che non consente all’individuo di affrontare una situazione temuta) del disagio non permette l’opportunità di sviluppare quelle competenze utili alla gestione delle sfide quotidiane.
II: la felicità è di moda ed è talmente tanto enfatizzata che molti genitori pensano che il loro unico impegno sia quello di rendere felici i loro figli ad ogni ora del giorno e della notte. Appena i figli si arrabbiano corrono a calmarli. In questo modo, i bambini crescono pensando che possa essere un problema non essere felici in ogni istante della giornata, non capiscono che qualche volta è normale che ci si possa sentire tristi, frustrati, in colpa, arrabbiati.
III: i genitori forniscono lodi esagerate. Dire ad un figlio: “Tu sei il migliore del tuo gruppo” oppure “Sei il più forte della squadra” non aiuta nello sviluppo dell’autostima ma favorisce l’incremento di una pressione spiacevole che porta il giovane a vivere confrontandosi con scomode etichette che aumentano l’ansia di fallimento o la delusione di non riuscire sempre a competere al massimo livello.
IV: i genitori sono coinvolti nella “corsa dei topi”. Molti genitori diventano delle sorte di personal trainer dei loro bambini e spendono molte risorse personali affinché il loro figlio possa essere il migliore in ogni contesto. Così i genitori si trasformano in allenatori sportivi o in tutor scolastici. Tutto per far eccellere il figlio in ogni ambito, dallo sport alla scuola.
V: i giovani non apprendono competenze emotive. Viene posta enfasi sulla preparazione accademica ma sono minimi gli sforzi profusi per insegnare ai ragazzi le competenze emotive. Sapere come si gestisce il tempo, come si combatte lo stress, prendersi cura del proprio stato emotivo, è fondamentale per vivere una vita soddisfacente.
VI: i genitori vedono se stessi come protettori e non come guide. Molti genitori credono che i loro figli non debbano sopportare nessuna cicatrice emotiva. Diventano così iperprotettivi da non permettere loro di confrontarsi autonomamente con un qualsiasi problema. A causa di ciò i ragazzi crescono credendosi incapaci e troppo fragili per potercela fare da soli.
VII: i genitori non sanno come aiutare i ragazzi a reagire alle proprie paure in modo corretto. Ci sono genitori che spingono i propri figli ad affrontare qualunque cosa, anche quelle che li terrorizzano o che generano una forte ansia. Questa esposizione a ciò che fa paura è un’ottima strategia solo se posta in atto gradualmente e se consente di poter sviluppare quella sicurezza nelle proprie capacità di affrontare ciò che si teme a testa alta.
VIII: i genitori sono tali per colpa e per paura, emozioni scomode e difficili da gestire. Piuttosto che sintonizzarsi con questi stati emotivi e condividerli con i figli, alcuni genitori preferiscono allontanare i figli, che possono però sviluppare idee disfunzionali credendo che le emozioni scomode siano intollerabili.
IX: super impegnati in attività sportive o altre di vario tipo, i ragazzi non hanno abbastanza tempo libero per giocare. Passano pochissimo tempo da soli senza un adulto di riferimento. Il gioco solitario permetterebbe loro, invece, di imparare a stare con i propri pensieri e di sentirsi bene con se stessi.
Decimo e ultimo punto: le gerarchie familiari appaiono oggi fuori controllo. Mentre i ragazzi sono consapevoli di non essere in grado di prendere delle buone decisioni, si aspettano che i loro genitori lo sappiano fare. Quando la gerarchia familiare si confonde o, addirittura, si capovolge, l’ansia dei ragazzi sale alle stelle.
L’autrice conclude che stiamo creando un ambiente che favorisce gli stati ansiosi piuttosto che la resilienza nei giovani e che, se per l’ansia dobbiamo affidarci a specialisti, si può fare molto per permettere ai bambini di costruire le loro forze mentali per stare bene nella vita.