Alle ore 17 del 16 dicembre prossimo – secondo il calendario del sito ufficiale del “Traforo del Monte Bianco – Tunnel du Mont Blanc” è prevista la riapertura del traforo al transito dopo la chiusura totale iniziata lo scorso 2 settembre, così spariranno le segnalazioni autostradali di “T1 chiuso” quando saranno terminati i lavori di manutenzione straordinaria.

L’idea del Traforo del Monte Bianco nacque nell’Ottocento come progetto ferroviario, così come i grandi tunnel alpini del Frejus, del Gottardo e del Sempione. Fu un torinese molto presente in Canavese ad idearlo, il geologo Martino Baretti, nato nel 1841 a Torino e scomparso improvvisamente nel 1905 a Forno di Rivara, (dal 1926 Forno Canavese). L’opera di Martino Baretti prevedeva l’ingresso del traforo ferroviario a Pré-St-Didier (1004 m), dove termina la ferrovia Chivasso – Aosta – Pré-St-Didier. Ma all’epoca non ebbe fortuna, nonostante il suo accurato studio geologico del 1881 che fu il primo condotto scientificamente. Nel 1866 conseguì a Bologna la laurea in scienze naturali con un’interessante dissertazione su I ghiacciai antichi e moderni (Torino 1866).

Nel 1867 vinse la cattedra di scienze naturali all’Istituto tecnico di Bari, dove rimase quattro anni e dove studiò la geologia della provincia. Dal 1879 al 1887 tenne provvisoriamente la cattedra di geologia nell’università di Torino, succedendo al suo maestro Bartolomeo Gastaldi. Insieme a Luigi Vaccarone avevano fondato Il Bollettino del Club alpino italiano, nel 1865, che è tra le più antiche riviste di alpinismo al mondo, preceduto di soli due anni da The Alpine Journal, da Mittheilungen des Österreichischen Alpen-Vereines e dal Giornale delle Alpi, Appennini e vulcani.

I resoconti alpinistici e gli articoli scientifici erano corredati da illustrazioni e da alcuni preziosi panorami in cromolitografia. Valente alpinista, dal 1871 aveva ottenuto nell’Istituto industriale e professionale della stessa città la cattedra di geologia e mineralogia, che occupò sino alla morte improvvisa in Canavese. Tra il 1862 e il 1886, esplorò gran parte delle Alpi Cozie, Graie e Pennine, facendovi anche diverse prime ascensioni. Dal 1871 al 1874 fu segretario generale e nel triennio 1882 – 1884 vice presidente del Club Alpino Italiano. Fu anche socio ordinario dell’Accademia di agricoltura di Torino.

La passione per l’alpinismo era unita allo studio geologico delle regioni alpine percorse, come testimoniano i suoi lavori di pregio. Nel 1871 e 1872, insieme con Barto-lomeo Gastaldi, eseguì il rilevamento geologico della valle della Dora Riparia, estendendo poi, dal 1873 al 1875, da solo, lo studio verso il gruppo del monte Emilius. Tra il 1878 e il 1880 fu impegnato al rilevamento geologico del massiccio del monte Bianco. Completato il rilevamento di tutto il territorio, nel 1884 esponeva a Torino la carta geologica della provincia alla scala 1:50.000.

Nel 1893 pubblicò l’opera fondamentale del suo lavoro di tutta una vita, la Geologia della provincia di Torino (Torino 1893), Un concetto fondamentale, già espresso da Baretti fin dal 1867, mise in luce che tutti i suoi studi e particolarmente nella Geolo-gia della provincia di Torino la genesi sedimentaria di molte rocce cristalline, prima invece considerate di origine vulcanica. Pubblicò una quarantina di lavori scientifici, tra i quali Studi sul gruppo del Gran Paradiso, Torino 1868, Sui rilevamenti geologici fatti nelle Alpi piemontesi durante la campagna 1877, in: Reale Accademia dei Lincei (1878), Il lago di Rutor (Alpi Graie settentrionali), ricerche storico-scientifiche, Torino 1880, e quello che riguarda il traforo del Monte Bianco: Apertu géologique sur la chaine du Mont Blanc en rapport avec le trajet probable d’un tunnel pour une nouvelle ligne de chemin de fer, del 1881; Poi ancora il Sunto delle lezioni di geologia nel 1884 ed Elementi di mineralogia, litologia e geologia, nel 1893.

L’opera che progettava il traforo venne scritta in francese per dare la massima dimensione transfrontaliera del progetto, riprendendo i percorsi precedenti di Ernst Stamm e di Leone Maimeri, ma che insieme all’idea di Bonelli nel 1880, non presentavano affatto un vero studio geologico a supporto dell’opera. Ma il traforo fu realizzato ottant’anni dopo come galleria stradale, con imbocco sul versante italiano non più a Prè-St- Didier, ma ad Entreves, riducendo la lunghezza dei tratti in galleria previsti dal Baretti che era invece vincolato dai limiti di pendenza imposti dalla ferrovia.

La seconda parte della storia, quella cioè della realizzazione del traforo, la dobbiamo ad un intraprendente biellese: l’ingegnere Secondino Lora Totino, esponente di una famosa famiglia d’industriali tessili. Nacque a Pray il 25 gennaio 1900. Nel 1923 si laureò in ingegneria presso il Politecnico di Torino. La sua famiglia ebbe diverse personalità di spicco: Adolfo uno dei primi cinefili, nel 1914 realizzò un documentario; Aldo e Corrado, pionieri dell’aviazione; Arrigo che fu famoso artista, forse l’ultimo dei futuristi.

Secondino, “Dino” fu un poliedrico imprenditore, amante della montagna e dello sci. Industriale tessile, famoso ideatore della funivia sul Cervino e della Funivia dei Ghiacciai sul Monte Bianco. Promosse la realizzazione dell’aeroporto di Caselle, portò le funivie sul Monte Etna e lottò per la costruzione del traforo del Monte Bianco. Mori a Torino nel 1980 e le sue idee contribuirono alla modernizzatore dell’Italia. L’idea del suo traforo autostradale prese forma concreta nel 1944, quando il conte Dino chiese al suo ex professore, Vittorio Zignoli, di realizzare un progetto di collegamento tra Courmayeur e Chamonix.

Il progetto, aggiornato nel 1946, prevedeva una sola galleria automobilistica a doppio senso di marcia, larga 7,5 m e dotata di ventilazione forzata. Lora Totino creò la “Compagnia per il traforo” e iniziò, a proprie spese e senza alcuna autorizzazione lo scavo sul versante italiano! Ottenne anche, dal Comune di Chamonix, la concessione del terreno per l’imbocco francese. I lavori raggiunsero circa 160 metri di scavo quando, nel 1947, furono bloccati dalle autorità. L’iniziativa era chiaramente simbolica ma servì a sollevare un polverone ed a mettere i politici di fronte alla necessità di prendere una decisione. Nel 1949 venne firmato un accordo tra le autorità italiane e francesi per proseguire l’opera.

Nel gennaio 1959 iniziarono i lavori. Il 14 agosto 1962 gli operai italiani e francesi si incontrarono nel tunnel, abbattendo l’ultimo diaframma. Il traforo era perfettamente riuscito: non vi erano scarti laterali e solo di pochi centimetri era la differenza di livello sull’asse stradale. Il 19 luglio 1965 il traforo venne aperto alla circolazione. Il Traforo del Monte Bianco, inaugurato nel 1965 dai presidenti Giuseppe Saragat e Charles de Gaulle, si realizzò grazie allo studio scientifico di Martino Baretti e all’intraprendenza dell’ingegner Dino Lora Totino.

Bibliografia:
Anna Maria Marietti, Martino Baretti e la Valle d’Aosta. Geologia e Alpi-nismo. Tipografia La Vallée, 1999.
Giorgio Vittorio Dal Piaz, Alessio Argentieri, Ses-sant’anni del Traforo del Monte Bianco, la storia di un’impresa. Acque Sotter-ranee – Italian Journal of Groundwater, 2019.
Biella club, bellezza e cultura del terrtorio, www.biellaclub.it