(elisabetta acide) – Erano gli anni Ottanta, giovane studente universitaria non ho esitato a preparare la tesi di laurea sulla catechesi del mercoledì del “mio Papa”, quello che in occasione di una udienza mi ha abbracciato e di cui conservo gelosamente la fotografia, proprio quel momento, in camera.

“ Comportati sempre bene”. Le sue parole, il suo sorriso, sono rimaste nella mia mente di quindicenne in viaggio a Roma.

Il Papa “dei giovani” e del sorriso, del coraggio e dei viaggi.

Il Papa di quelle “giornate mondiali della gioventù” fatte di futuro, di speranza per quelle “sentinelle del mattino”.

Il Papa del dialogo, delle preghiere per la Pace, di quel monito: “Mai più la guerra, spirale senza ritorno”.

Quella “catechesi del mercoledì” che parlava di amore e matrimonio: “L’amore umano nel piano divino”.

Acuto antropologo, ci ha fatto riflettere sulla dimensione della alleanza, della grazia e del segno, grazie all’ analisi dell’ ambito biblico-teologico, per comprendere la redenzione del corpo e la sacramentalità del matrimonio.

Il Papa delle parole pronunciate senza mezzi termini, di cui conservo fotocopia e che ogni anno, da allora,  faccio leggere ai miei studenti: le parole pronunciate nella piana di Agrigento quel 9 maggio 1993, quando, appoggiato a quel Crocifisso ha condannato la cultura della morte con quel “convertitevi!”

Rivolto agli uomini di mafia, disse:

“Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette di uccidere innocenti!

Dio ha detto una volta: “Non uccidere”; non può un uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!  Qui ci vuole civiltà della vita!

Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!”

Il Papa delle parole chiare: “se sbaglio mi corrigerete” … le parole pronunciate il giorno della sua elezione al soglio pontificio … non abbiamo dovuto correggere nulla.

Dovremmo ancora leggere e rileggere e magari “correggere” ciò che non siamo stati capaci noi di comprendere.

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Sono, questi, giorni in cui il cuore è rosso di ricordi.

Il 2 aprile 2005 nasceva al Cielo San Giovanni Paolo II; il successivo 8 l’ultimo saluto del Mondo al Papa venuto “da un Paese lontano”, con quella S. Messa esequiale, anch’essa destinata a restare nella Storia anche per l’omelia dettata dall’allora Card. Joseph Ratzinger.

L’ allora card. Ratzinger si affidò a parole di speranza, tristezza e gratitudine.

Un “seguimi” che ha caratterizzato tutta la vita di Karol Wojtyla.

“Seguimi” dice il Signore risorto a Pietro, come sua ultima parola a questo discepolo, scelto per pascere le sue pecore.

Un seguimi fatto senza riserve , fino a quel 2 aprile, quando stremato dalla malattia  ma sempre con dignità, ha reso la sua vita nelle mani di Dio.

“Egli ha interpretato per noi il mistero pasquale come mistero della divina misericordia.”

Ricorda il card. Ratzinger , e la meravigliosa enciclica Dives in Misericordia.

Quelle parole di Gesù: “Chi vede me vede il Padre”, che ci ha mostrato il Volto misericordioso di Dio, quelle parole che sono state interpretate da Karol e ci hanno fatto capire il suo abbraccio a quel “Seguimi!”.

Quella misericordia raccontata nella parabola del  figlio che “torna”, con la  consapevolezza della sua  dignità perduta che si perde in quell’ abbraccio preparato “da lontano” da quel padre che scruta dalla terrazza.

La misericordia che ha come protagonista Maria “Madre di Misericordia”.

Se la domenica dopo Pasqua ricordiamo la “Domenica della Misericordia” lo dobbiamo a Papa Wojtyla, a lui che nella misericordia ci ha insegnato a sperare, in  quella giustizia che va oltre “ il dare a ciascuno il suo” perché è di più, è “dare misericordia a tutti”.

E continua il futuro pontefice Benedetto XVI nell’ omelia della Messa esequiale, parlando di lui:

”Alzatevi, andiamo!”, è il titolo del suo penultimo libro. “Alzatevi, andiamo!” – con queste parole ci ha risvegliato da una fede stanca, dal sonno dei discepoli di ieri e di oggi.

“Alzatevi, andiamo!” dice anche oggi a noi.”

A noi oggi, come allora ripete: “Alzatevi, andiamo”, a noi che stiamo andando in questo cammino sinodale ma che forse abbiamo “perso la meta”, a noi che a volte pretendiamo di camminare senza alzarci, a noi che nel camminare a volte trasciniamo i piedi … lui che amava la montagna, che ogni estate arrivava vicino a noi, in Val D’ Aosta a “ riposarsi”, su quelle montagne che parlano di Dio.

“ Alzatevi , andiamo” dice ancora a noi oggi, che ci siamo fermati sulle certezze o a noi che siamo “chiusi  nel luogo” come quei discepoli tristi ed impauriti dopo la morte di Gesù .

“Alzatevi, andiamo” dice a noi, invitandoci a “ viaggiare” come ha fatto lui, in una chiesa che ha bisogno di “cristiani in piedi”, di cristiani “viaggiatori” nel quotidiano .

Il suo ricordo, le sue parole, andrebbero rilette, il suo pontificato riletto alla luce di un nuovo vigore, perché la chiesa ha bisogno di papi santi, di esempi di umanità e sequela.

“Seguimi”  e lui ha “seguito” e come ricorda nella parte finale dell’ omelia J. Ratzinger, il “Santo Padre ha trovato il riflesso più puro della misericordia di Dio nella Madre di Dio. Lui, che aveva perso in tenera età la mamma, tanto più ha amato la Madre divina. Ha sentito le parole del Signore crocifisso come dette proprio a lui personalmente: “Ecco tua madre!”.

Ed ha fatto come il discepolo prediletto: L’ ha accolta nell’ intimo  del suo essere (Gv 19, 27) – Totus tuus.

E dalla madre ha imparato a conformarsi a Cristo.”

Ecco il “modello” con il quale rinnovare il ricordo e pregare: il modello è Cristo e con lui ogni uomo riconosce se stesso.