Ci attendono quattro referendum entro il 2027: tre promossi dalle opposizioni e dalle Regioni di centro-sinistra contro le riforme del Governo sull’autonomia regionale differenziata, il premierato elettivo, la separazione delle carriere dei magistrati, il quarto richiesto dalla Cgil per il superamento del Job’s act (le leggi sul lavoro del Governo Renzi).

Regioni.

La legge voluta dalla Lega è al centro delle polemiche per motivazioni politiche ed economiche: i Governatori del Sud, anche di Forza Italia, denunciano il declassamento del Meridione e la crescita delle disparità tra “aree ricche e aree povere”; per evitare questa frattura il Presidente della Sicilia, il forzista Schifani, ha chiesto che la riforma Calderoli resti ferma sino agli stanziamenti per i Lep (livelli essenziali di prestazione); per interventi “egualitari” nella sanità, nei servizi, nelle infrastrutture occorrono – secondo studi europei – 170 miliardi. Ma nel bilancio dello Stato questa somma non c’è; anzi il ministro dell’Economia è alla ricerca di tagli corposi per decine di miliardi per non rompere con Bruxelles.

Quanti anni la legge Calderoli dovrà attendere o avremo, come molti temono, un’Italia a pelle di leopardo, con Regioni “autonome” e altre paralizzate? Sul piano politico tutte le opposizioni, di sinistra e di centro, sono concordi sulla strada referendaria.

Premierato elettivo.

La proposta Meloni ha tempi più lunghi (occorrono quattro “letture” parlamentari); ma il vero nodo è politico: manca ancora il “sistema elettorale” per l’uomo (o la donna) solo al comando; le trattative con Renzi – che chiedeva il doppio turno come per i sindaci – sono fallite; non c’è inoltre una completa riscrittura dell’impianto costituzionale, con una proposta che riduce sensibilmente il ruolo del Quirinale e del Parlamento. Un vuoto di potere.

Oltre al merito (sistema parlamentare o presidenziale), colpisce il clima di scontro governo-opposizione: nel ’47 la Carta fu varata con un ampio consenso, da De Gasperi a Togliatti, da Nenni a Einaudi; oggi si procede tra gli insulti. Non è un buon viatico. Sul piano europeo, dopo la caduta di Macron, l’Italia sarebbe l’unico paese “presidenzialista”; sulla riforma appare fredda la Lega, ma acconsente per favorire il varo della Legge Calderoli, mentre Forza Italia ha chiesto la riforma della Giustizia. Tre partiti, tre proposte diverse: coincideranno?

Separazione delle carriere dei magistrati.

Su questa proposta del ministro Nordio le opposizioni si dividono: le sinistre (Pd, M5S, Avs) sono fermamente contrarie a un provvedimento che ritengono lesivo dell’autonomia della Magistratura, prevista dalla Costituzione; a favore i Centristi (Calenda e Renzi) che lamentano un potere esorbitante delle toghe. Secondo l’Associazione Nazionale Magistrati il ddl Nordio, contro la rigida divisione tra giudici della Procura e del Tribunale, rappresenta un duro colpo all’autonomia e all’indipendenza del potere giudiziario, con un ruolo esorbitante del Governo.

Il quarto referendum proposto dalla Cgil intende cancellare diverse norme del Job’s Act “per dare a tutti i lavoratori il diritto alla reintegrazione del posto di lavoro nel caso di licenziamento illegittimo, anche nelle imprese con meno di quindici dipendenti, per superare la precarietà dei contratti a termine, per rendere più sicuro il sistema degli appalti”.

L’iniziativa del sindacato di Landini cade in un contesto sociale difficile, in particolare per le continue tragedie sul lavoro: ultima, drammatica, quella di Latina con “l’omicidio” del bracciante agricolo indiano Satnam.

I referendum, per essere validi, dovranno raggiungere la maggioranza assoluta degli elettori; questo richiederà una grande mobilitazione popolare in una fase politica segnata da un crescente astensionismo. Ultimo caso i ballottaggi di domenica scorsa con il 47% di votanti. Nelle cinque città-capoluogo di Regione ha vinto il “campo largo” guidato dal Pd, da Bari a Firenze, da Potenza a Perugia e Campobasso. Già nelle Europee il centrosinistra aveva ottenuto i migliori risultati nelle aree metropolitane (compresa Torino).

Di fronte a esiti non positivi per la maggioranza, il Presidente del Senato, La Russa, ha proposto l’abolizione del sistema elettorale del doppio turno che scoraggerebbe l’elettorato conservatore. Forse l’inquilino di Palazzo Madama dovrebbe interrogarsi sulle priorità dell’opinione pubblica: riforme costituzionali affastellate secondo le richieste delle diverse forze politiche o interventi per un contesto economico-sociale difficile, anche per il permanere delle guerre?