(Susanna Porrino)
In un anno così arduo per un Paese come l’Italia, che vive principalmente grazie al turismo, mi ha incuriosita il tentativo di creare uno slogan anche per consolare gli italiani che non si sono spostati all’estero: “Io ho scelto l’Italia” è divenuto l’ennesimo hashtag con cui si è tentato di risvegliare in un popolo il sentimento di appartenenza alla propria terra, in un settore, quello del turismo appunto, che già da anni era attraversato da crisi e conflitti sulle modalità con cui veniva di volta in volta gestito e approcciato, tra le accuse di mancata valorizzazione del territorio e la conseguente risposta di iniziative locali che si concentravano però su realtà molto limitate.
Non credo che il problema maggiore del nostro Paese sia il fatto di non aver trovato una giusta valorizzazione in termini pratici; la terra che abitiamo, su cui hanno mosso i propri passi figure storiche ed artistiche dal genio inimitabile, è fortunatamente dotata di meraviglie così straordinarie ed eccezionali da riuscire a far risplendere il proprio valore e la propria dignità in ogni caso. Non penso neanche che esista effettivamente un popolo italiano ignaro di disporre di un patrimonio tanto ampio e invidiabile.
Penso però che esista un popolo che non è più in grado di riconoscersi in esso, tanto da sentirsi ospite e turista nei luoghi della propria terra.
Per i ragazzi di oggi è estremamente difficile trovare un modo di sentire e rendere propria tale bellezza, quel tanto che basterebbe per imparare ad amarla e rispettarla. Chi sceglie di dedicarsi alle materie umanistiche e letterarie, sulle quali il nostro Paese fonda la propria storia e la propria economia, viene biasimato perché adoratore di realtà morte ed estranee alla modernità che viviamo; chi si impegna nel campo scientifico non sempre può ignorare il pensiero che esista fuori dell’Italia un panorama, particolarmente quello legato alla ricerca, decisamente più vivido e fervente rispetto a quello locale; chi si indirizza verso un settore internazionale ed è spinto quindi a lasciare l’Italia, porta con sé la trepidazione di chi vede in questi spostamenti una perdita anziché una possibilità di contatto e ricambio con il resto del mondo.
A mio giudizio, non esistono giovani che abbiano il dovere morale di scegliere l’Italia, credo che esista un’Italia con il dovere morale di riuscire a farsi scegliere; così come non credo esista un’Italia bisognosa di farsi apprezzare e valorizzare dai turisti stranieri, quanto, piuttosto, esista un bisogno che gli italiani smettano di sentirsi stranieri nella propria terra. Uno dei problemi maggiori è che, mentre siamo fin troppo allenati a lamentarci delle imperfezioni, non sappiamo in alcun modo raccontarci a vicenda le meraviglie che ci circondano.
Ricordo che quando mi trovai per la prima volta di fronte alla facciata del Duomo di Siena, di cui probabilmente avevo anche avuto modo di studiare alcuni aspetti durante il triennio del liceo, la prima cosa che pensai fu che avrei voluto sentirmi dire tempo prima quanto ogni cosa in esso si rivestisse di una bellezza di gran lunga superiore alla quotidianità a cui ero abituata; la paura di sminuire, la fretta di analizzare o il timore di prendere una posizione ha invece purtroppo spesso spento l’entusiasmo che dovrebbe animarci quando parliamo di tutto ciò che, in qualunque settore, ha saputo abbracciare e comprendere la natura umana in maniera così mirabile da riuscire a dare l’impressione di averla superata.
Sarebbe utile insegnare a valorizzare anche le più locali tra le bellezze del territorio, a patto però che non si perda di vista la scena più ampia ed estesa, senza dare agli italiani la sensazione di essere saturi di una bellezza che alla lunga ha smesso di soddisfarli perché ancora non sufficientemente eccezionale.
Certamente esiste una bellezza insita e nascosta nelle cose più piccole e quotidiane, ed è giusto scoprirla e lasciarsi sedurre e incantare da essa; ma a volte a paralizzarci è l’incapacità di vedere la bellezza più grande, di lasciarsi commuovere da ciò che è infinitamente superiore alla norma, di ricordare che esiste per l’essere umano, in tutti i suoi aspetti, un destino che va ben oltre la mediocrità.
Più che spingere a rimanere radicati a ciò che c’è nelle immediate circostanze, nel tentativo di risvegliare un sentimento di appartenenza, occorrerebbe invece incoraggiare quella curiosità che viene continuamente soffocata, e spingere a cercare lontano, a trovare e a innamorarsi di ciò che ci può stupire e riempire di meraviglia, per tornare “a casa” con una consapevolezza arricchita.