(Filippo Ciantia)
Un anno fa, il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, Papa Francesco pubblicava la lettera “Splendore della vita eterna”, per onorare il sommo poeta. Quest’anno, nella stessa giornata ha consacrato a Maria il mondo intero, ma specialmente Ucraìna e Russia.
Dmytro era un veterano. Si combatteva tra le rovine della sua città, quella che era la bella Kiev, ora in rovine. Più di una volta aveva dovuto uccidere, spegnendo giovani vite. Dall’altra parte mandavano avanti le reclute, bene armate, ma senza esperienza. Con i suoi uomini Dmytro aveva resistito bene, finché erano arrivati i carri armati. Ora era rimasto solo: dopo Arseniy e Kyrylo, anche Vadym era stato ferito mortalmente dall’ultimo scoppio.
Sul fronte opposto, Aleksandr era alla sua prima battaglia: si era arruolato dopo gli studi a Mosca: nel pieno della battaglia non sapeva più cosa fare, ma il sergente lo spingeva ad andare avanti a finire il nemico. L’ultima cannonata del tank aveva distrutto la fortificazione all’angolo: da tempo non rispondevano al fuoco. Non aveva ancora ucciso nessuno, quando arrivò fino ai sacchi di sabbia sventrati dalla bomba. Un uomo sdraiato lo guardava, il fucile lontano, il sangue sulla divisa. Aleksandr fissò a lungo Dmytro, sollevò e puntò il fucile. Il nemico aveva gli occhi come quelli di suo fratello. Abbassò l’arma e tornò indietro: non aveva ancora ucciso nessuno, si ricongiunse ai suoi commilitoni. Il cuore era più leggero.
Dmytro si mise in piedi: la ferita era grave. Si trascino per alcune centinaia di metri e girato l’angolo, ecco la piazza con la statua di Bohdan Chmel’nyc’kyj e, in fondo, la cattedrale di Santa Sofia. La piazza era deserta; entrò in chiesa e si trascinò fino a quella immagine che piaceva tanto alla sua mamma: “Dmytro, Lei è il muro indistruttibile che ci protegge”. Esclamò il nome che aveva imparato e poi abbandonato per altre vie: “Maria” fu l’ultimo respiro.
“Quivi perdei la vista e la parola;
nel nome di Maria finì, e quivi
caddi, e rimase la mia carne sola.
… l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno
gridava: “O tu del ciel, perché mi privi?”
(Dante, Purgatorio V)
Anche il corpo di Dmytro, come quello di Bonconte da Montefeltro non sarà mai trovato, ma quell’ultima Ave sulle labbra l’ha salvato. E non ha salvato solo Dmytro, ma anche Aleksandr.