La fine dell’anno scolastico con i suoi annessi e connessi pone sempre dubbi, polemiche, ma anche prese di posizione, per la popolazione studentesca. Spesso ne fanno le spese gli studenti con Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) che, per vedersi riconoscere il diritto allo studio, devono farsi strada tra tanta ignoranza.

Abbiamo spesso scritto che la scuola di oggi non è capace di accogliere le sfide della neurodiversità. Sono sempre tutti sorpresi nello scoprire che il riconoscimento di difficoltà specifiche nell’apprendimento sono in crescita, e solo in pochi comprendono quanto siano in difficoltà gli studenti di oggi e quanto sia numerosa la platea degli studenti con “Bisogni Educativi Speciali”, i BES.

Gli studenti con disturbi di ansia, con attacchi di panico, ma anche studenti provenienti da contesti che presentano disagio socio-economico-culturale, possono essere “BES”, così come lo sono gli studenti con disturbi dello spettro autistico, quelli che presentano una fragilità cognitiva o gli studenti dislessici, disortografici o discalculici.

Se pensiamo alle connessioni neuronali come ad una grande rete di strade, gli studenti che non hanno difficoltà di apprendimento si muovono sulle più veloci, scorrevoli, capaci di raggiungere in breve tempo un determinato obiettivo. Gli studenti con disturbi trovano invece delle interruzioni, dei lavori in corso, semafori, code e devono percorrere strade alternative per arrivare allo stesso obiettivo.

Raccolta, immagazzinamento e rielaborazione di tutte le conoscenze che sottostanno all’apprendimento, per qualcuno è un processo lineare, capace di automatizzarsi, per altri percorso caotico e spesso mai certo.

La scuola può facilitare la creazione di percorsi neuronali in grado di accogliere e gestire quella serie di informazioni con una didattica che favorisce una riflessione logica, suddivide le attività in piccole parti, è capace di attendere prima di passare alla fase successiva, propone diversi approcci allo studio che permette allo studente di trovare il proprio. Se la scuola avesse modo di porre l’attenzione alla crescita dello studente, prima del raggiungimento degli obiettivi legati ai programmi, forse non si verrebbe a creare quella spiacevole guerra tra poveri studenti di serie A e poveri studenti di serie B.

Le famiglie dovrebbero contribuire a sostenere l’apprendimento con un patto di corresponsabilità, permettendo di riconoscere l’insegnante come persona degna di stima e rispetto, anche quando assegna un brutto voto.

Poi ci sono le istituzioni che dovrebbero permettere un accesso precoce e tempestivo alla valutazione delle difficoltà in età evolutiva, garantire a tutti l’accesso a percorsi riabilitativi, favorendo l’accompagnamento dei genitori e della scuola nella gestione condivisa e responsabile del bambino nelle diverse fasi della crescita.