- “All’ inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona,
che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.
(BENEDETTO XVI, Deus caritas est. Lettera enciclica, 25 dicembre 2005, n. 1)
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(Elisabetta Acide) – Secondo incontro di formazione per la comunità parrocchiale di Borgo Revel con la rassegna “Gli sguardi di Gesù”.
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Protagonista della conversazione, la donna samaritana di quel pozzo di Sicar, vicino al terreno di Giacobbe.
Relatore della serata suor Maria Teresa Vercellotti che ha presentato in un’ esegesi puntuale e profonda il brano del Vangelo di Giovanni.
Con una riflessione che parte dalla considerazione che in quella donna senza nome, nell’ora più calda del giorno, in quella regione in Palestina, siamo presenti tutti noi, ha accompagnato in un itinerario chiarificatore sul mistero di salvezza dell’ Incarnazione, come appare nel brano giovanneo.
Maria Teresa Vercellotti, con licenza di teologia morale ad indirizzo spirituale alla Facoltà Teologica dell’ Italia Settentrionale, storica docente ora in pensione, di IRC , in diverse scuole vercellesi, docente di Sacra scrittura, mariologia e ecclesiologia presso lo Studio Teologico Eusebiano, ha intrattenuto con mirabile maestria i presenti.
In quella donna sono presenti tutte le nostre esistenze, di uomini e donne del nostro tempo, uguali a quelle degli uomini e delle donne di ogni tempo.
La serata ha preso l’avvio dalla lettura del brano di Giovanni 4, 1-42 , seguito da una riflessione esegetica e spirituale del Vangelo, nella quale si evince che l’incontro con Dio è incontro con il volto concreto di Gesù, capace di dissetare e sfamare il nostro desiderio di pienezza.
La riflessione iniziale è una considerazione “liberante”, vicino a quel pozzo, Gesù è in viaggio, stanco, assetato, chiede aiuto, a una donna, opera senza giudicare e coinvolge chi incontra. Gesù ha “bisogno”, non lo nasconde, ha sete e la donna può aiutarlo.
Gesù fa in modo che chi ha di fronte si senta accolto, importante, “alla pari”, Gesù in viaggio, si fa mendicante e chiedendo, eleva la donna da una situazione di “inferiorità” a una di superiorità: è lei che ora può fare qualcosa per Lui.
E Gesù pian piano “rivela” il suo volto di giudeo, di uomo, di profeta, di “sognatore”, di liberatore, del messia, del Salvatore … di Dio.
E la donna diventa “testimone”, discepola di Gesù nel mondo, correndo, lasciando la sua anfora, invitando ad “andare a vedere”, raccontando la sua esperienza.
Ai presenti quello sguardo appare allora pieno di “senso”.
Nel colloquio con Gesù la samaritana cerca in tutti i modi di “cambiare discorso”, ma alla fine deve ammettere: “Venite a vedere un uomo…” , ma un uomo che non mi ha rinfacciato il mio passato, un uomo che mi vuole aiutare autenticamente.
Un cammino di “conversione”.
Solo con uno sguardo e una Parola.
La samaritana vede se stessa mentre Gesù la guarda.
Interessanti spunti vengono dati dalla relatrice e dalle domande dei presenti.
La serata si conclude con alcune riflessioni condivise: e quella domanda scaturita dalla sete di Gesù ci interroga, la sete non è solo fisica, è la sete delle nostre arsure più profonde, è sete d’amore, quella sete che emergerà su quella croce: “Ho sete” dirà nuovamente Gesù: quella “sete” che lo ha portato a condividere in tutto (eccetto il peccato) la condizione umana, quella sete che viene “placata” dal nostro amore, per amore.
Quell’uomo che chiede da bere al pozzo e che lo chiederà sulla croce è anche il Signore, il Dio che “sazia ogni sete”, che assetato d’amore, ci disseta d’Amore, con quel suo Spirito Santo ci sazierà di vita eterna.
La comunità in cammino ha ancora una volta fatto un altro “pezzo di strada”: la Parola di Dio è viva, è presente e suscita in ciascuno interrogativi e prospettive.
Quel “dammi da bere” come comunità, deve interpellarci ogni giorno, perché anche noi possiamo “prenderci cura” delle seti altrui.
Abbiamo sete di Dio:quanto ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di placare la nostra sete?
Abbiamo sete di Dio ma preoccupiamoci anche di scorgere la sete degli altri; facciamoci annunciatori e testimoni, come la samaritana, magari lasciano l’anfora al pozzo, ma portando la nostra stessa vita.
Vicino a quel pozzo ci siamo anche noi, con la nostra umanità , con le nostre debolezze, con la nostra sete, con la nostra fede. La donna siamo noi, noi abbiamo bisogno di salvezza.
Come la donna, come cristiani non dimentichiamo di ascoltare la Parola, credere, avere fede, manifestare la nostra fede, cercare di comunicarla con la testimonianza.
Suor Maria Teresa con gli interventi al termine della relazione.
Alla relatrice un plauso per aver saputo coinvolgere nel percorso di comprensione e nell’ aver suscitato tra i presenti la consapevolezza che la fede e’ un cammino, e’ dono che va continuamente alimentato, è Grazia, è sete profonda di Dio, è desiderio di “ lasciare quella brocca” e andare ad annunciare.
Non mancate al prossimo appuntamento, il 2 ottobre: si parlerà di quel Padre Misericordioso che “Lo vide e, commosso, gli corse incontro”…