(elisabetta acide) – Luci, fiaccole, stelle… e la notte del borgo si è illuminata.

Dapprima luci flebili e sparute, poi fiamme di testimonianza ed al termine luci della festa. Così la comunità parrocchiale con tutti i suoi gruppi, ha voluto riunirsi nella sera del 31 ottobre per ricordare in una veglia di preghiera santi e defunti, la “chiamata” di tutti alla santità, il “memento” di ogni cristiani: brillare della luce di Cristo.

E come comunità in spirito “sinodale” di condivisione di cammini, si apre alle comunità limitrofe:  l’invito  esteso è stato quello di  condividere la gioia,  offrire   momenti di vita comunitaria, facendolo diventare allo stesso tempo un dono per tutti,  per le persone che ci stanno accanto nella comunità e per coloro che condividono il cammino di cristiani e di fede.

Comunione per condividere e comunicare, condivisione come segno di unità: questa, in particolare, l’idea guida seguita dal Parroco, Don Valerio D’Amico, che ha condotto l’azione liturgica.

Una “veglia della luce”.

Il  Signore  “tocca” ciascuno  e  rende testimoni gioiosi, che pregano insieme e si fanno garanti gli uni per gli altri, nella vita, affinché tutti possano “brillare” ed essere immagine di quella luce di Cristo.

La serata ha preso avvio alle ore 20,00 in una Chiesa parrocchiale illuminata solo dalla fiamma del cero pasquale, posto nella navata centrale, e la luce si è   irradiata in tanti luci ed  ha illuminato la casa di Dio, che dal buio si è fatta “luminosa.”

“Io sono la luce del mondo”.

In una veglia di preghiera partecipata e vissuta dai numerosi presenti ed animata dai gruppi,  si svela a noi, attraverso segni più eloquenti delle parole, il mistero della  fede cristiana,  percorso attraverso segni, letture e canti, in un itinerario di “passaggio”: Gesù che dice di se stesso: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12) e Veniva nel mondo la luce vera» (Gv 1,9) e fa brillare la nostra vita, perché lo afferma nel Vangelo: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14).

Una lampada che deve “far luce” e che per “far luce”, non deve restare spenta, né deve essere sotto il moggio ma deve essere alimentata e brillare, deve essere luce.
Quante volte abbiamo sentito questo versetto: il moggio era una misura romana di capacità per misurare gli aridi, ma viene usata come immagine per indicare un recipiente di circa 9 litri e se “sotto” metto la luce, la luce non si vede, non rischiara.

Lo sappiamo non possiamo eliminare  buio e oscurità, ma possiamo  “vedere la luce”: anche una piccolissima fiammella, è più forte del buio apparentemente tanto potente ed insuperabile, uno “sprazzo di luce” riesce ad essere visibile anche nella profondità del buio.
Ed i cristiani lo sanno,  Cristo, è risorto dai morti, ha “rischiarato” la notte dell’uomo, e  brilla per noi nel  mondo, e lo fa portando speranza anche oltre il buio. Cristo  ha vinto la morte, vive  e la fede in Lui penetra come una piccola luce tutto ciò che è buio.

La veglia ha visto i fedeli recarsi in processione in preghiera al cimitero e sostare davanti a quel camposanto che tanti interrogativi e forse buio suscita: ma chi crede in Gesù, sa che quel buio è rischiarato, che le tenebre sono vinte.

Non per questo i cristiani vedono sempre soltanto il “sole” nella vita, a nessuno possano essere risparmiate sofferenze, dolori  e difficoltà, ma c’è sempre una luce che  indica loro la via che conduce alla vita in abbondanza ( Gv 10,10).

Al termine la serata è proseguita con la “festa della luce” presso il PalaOratorio nel cortile della parrocchia, perché luce è festa e condivisione.

Nei giorni precedenti ogni gruppo, a seconda delle proprie peculiarità, ha curato nei dettagli e con impegno, la veglia e la festa: il gruppo cantori “Andar a Messa cantando”, ha scelto i brani nella logica della struttura della preghiera; il gruppo “lettori”, si è trovato per provare la veglia, decidere i brani della Sacra Scrittura  adatti e la logica della veglia, che non dimentichiamo è momento di preghiera comunitaria per i santi e per tutti i cristiani chiamati alla santità;  il gruppo “parrocchia” ha curato l’allestimento della chiesa con composizioni floreali e con la pulizia ;  il gruppo “Chiesa aperta” ha curato la parte relativa alla processione, la parte tecnica di microfoni e luci… 

La parte “operativa” legata alla festa della luce, è stata curata  dal Gruppo “Arcobaleno”, che con disponibilità, ha provveduto preventivamente alla pulizia e manutenzione del PalaOratorio, e durante la festa, ha contribuito alla gestione del momento di condivisione con cibi e intrattenimento musicale, e dal gruppo dei giovani “IMatot”, che ha allestito e sistemato la parte relativa al “ristoro” e curato gli aspetti legati alla gestione dell’accoglienza con la distribuzione candele e alla creazione delle locandine della festa, ed ha preparato il “gioco dei santi”.

Insomma, una condivisione autentica.

Non dimentichiamo che è vero, ogni gruppo è formato da membri che hanno scelto di offrire nella parrocchia il loro contributo fattivo di doni e carismi, ma molti appartengono ai diversi gruppi e questa è la bellezza e ricchezza della comunità di Borgo Revel.

Ecco la bellezza dell’essere comunità.

“Fare rete” nella comunità ,  il vero impegno del percorso sinodale dedicato al discernimento . Una rete che non imbriglia ma che intesse legami, una rete le cui maglie sono fatte di fili che uniscono e nodi che legano , una rete fatta di parole ed incontri , di gesti e di impegni.
Una rete ancora sul telaio delle relazioni , con trama ed ordito che provengono da quei fili di Vangelo che tessono nella vita di tutti,

Comunità “aperta” ed in “cammino”, come unico popolo di Dio, un popolo che cammina con Dio e verso Dio. Un  popolo che viene formato e prende la forma di vita del Dio-Trinità, quella indicata dal comandamento nuovo, che non conosce “parrocchie”, né “particolarismi”, ma che è in grado di condurre passi insieme.

Alla veglia erano presenti alcuni fedeli delle parrocchie limitrofe.

Le comunità vengano educate, nel loro itinerario di fede, oltre che per  la celebrazione dell’eucaristia, anche come momenti di preghiera, di celebrazione di Liturgia della Parola, a quelli di formazione…

Una serata all’insegna della festa, della gioia e della luce, quella luce che se da sola è “fiammella”, insieme alle altre luci diventa   “chiarore”,  la luce non rimane sola,  si “propaga”,  fa accendere altre luci e fa “vedere” nel buio della notte.

E il buio del prato si è rischiarato dalle scintille di tutti: dei volontari dei vari gruppi che hanno preparato dolci, cibi, leccornie, che hanno rischiarato con il suono delle note i fili d’erba ancora verdi sotto la luna. Sotto i suoi raggi si sono  delineano i contorni dell’ambiente sapientemente  illuminato a festa, così che ci si poteva orientare, incontrare… proprio come nella vita.

Ma anche dei presenti alla preghiera ed alla festa: condivisione e partecipazione anche interparrocchiale, può essere occasione di crescita personale e comunitaria di fede e personale: educare al valore della festa è educare alla comunione.

Unendo “testa”, “pancia” e “cuore” risponde al bisogni di essere “cristiani nella vita”, ricchi di preghiera, di carità, di condivisione, di quella “umanità umana” che leggiamo nel Vangelo: preghiera, banchetti, parole, comunione, comunità.

Una festa davvero “luminosa”, che sottolinea che non siamo soli e che abbiamo bisogno delle altre persone.  “Nessuno si salva da solo” ce lo aveva ricordato Papa Francesco nei giorni tristi della pandemia… eppure in soli 3 anni lo abbiamo dimenticato… e siamo ripiombati nel buio degli egoismi, dei particolarismi, dei “campanilismi” ( sappiamo bene quanto gli “ismi” rovinino la vita e la comunità…Proviamo a non dimenticare che  nella fede non siamo soli, siamo anelli nella grande catena dei credenti, siamo acini di grandi grappoli, siamo sale, siamo lievito, siamo luce.

Siamo  portatori di luce, quella luce che non è “nostra” ma che ci viene da Cristo e che risplende in noi.