Inizia – e in alcuni suoi adempimenti è già iniziato – il nuovo anno scolastico. I problemi che agitano la scuola sono già sulla porta e qualcuno persino dentro le aule: tanti, di vario tipo e di non poco conto.
Dire, oggi, “buon anno scolastico” significa augurare a insegnanti e studenti che dai problemi irrisolti non ci si lasci sottrarre il desiderio di “vivere” la scuola.
Ho letto pochi anni fa il libro “Tra i banchi di scuola. Un’avventura sempre nuova”, di Giovanni Fighera, un insegnante. Nelle “urgenze” dei suoi studenti, ragazzi di oggi, ho ritrovato le stesse di tanti miei studenti di 25-30 anni fa: le grandi domande che nascevano dalla lettura degli autori, domande vitali, oggi forse più soffocate di allora nei giovani e negli adulti – poiché di decenni, in questi 25-30 anni, ne sono passati molto più di due o tre –, ma domande che rimangono nel fondo del “cuore” di ognuno.
La scuola, che doverosamente trasmette nozioni, non vive – scrive Fighera – senza la “scoperta di un cuore che accomuna il ragazzo di 10 o di 18 anni all’insegnante che si avvicina per la prima volta alla cattedra o che sta per andare in pensione”. Nasce di qui “qualcosa di grande nelle giornate”.
Il mio augurio ai genitori, agli insegnanti, agli studenti, a tutto il mondo della scuola è che queste domande siano lasciate emergere, non vengano silenziate; e che ad esse si cerchino risposte. La buona scuola inizia di qui!
A costo di sembrare “demodé”, vorrei proporre agli studenti delle “Superiori”, nella ricerca di risposte, di non dimenticare Dante e la sua Commedia. “Profeta di speranza, annunciatore della possibilità del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta l’umanità” come ha detto Papa Francesco, che aggiunge: “la Commedia può essere letta come un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico, il paradigma di ogni autentico viaggio in cui l’umanità è chiamata a lasciare quella che Dante definisce ‘l’aiuola che ci fa tanto feroci’ (Par. XX, 151) per giungere a una nuova condizione, segnata dall’armonia, dalla pace, dalla felicità. È questo l’orizzonte di ogni autentico umanesimo”.
Edoardo Cerrato, vescovo