La Costituzione è la principale fonte del diritto della Repubblica Italiana, cioè quella dalla quale dipendono gerarchicamente tutte le altre norme giuridiche dell’ordinamento dello Stato. Ha compiuto in queste ore 70 anni di età: il 22 dicembre 1947 venne approvata dall’Assemblea Costituente, il 27 dicembre promulgata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 298, entrando in vigore il 1° gennaio 1948. Tre passaggi costruiti sulle macerie della follia della Seconda Guerra Mondiale.
La Costituzione – anche figlia di quello Statuto Albertino del 1848 – è una cosa seria, troppo seria ancora e soprattutto oggi. Molti italiani morirono e conobbero il carcere e l’esilio nella repressione dei moti in nome della Costituzione. Moltissimi altri italiani morirono per gli effetti dell’impoverimento del vecchio Statuto “congelato” dalla “rivoluzione fascista” che ad un certo punto sciolse le camere perché era più agevole il Gran Consiglio del Fascismo. Oggi dietro quella parola – “Costituzione” – non c’è solo il “Bel Paese”, ma il popolo che forma una nazione che fonda il suo vivere civile sul “rispetto delle regole”. E qui, lo ammetto, sovviene un forte senso di smarrimento, come quando leggi un saggio illuminante di filosofia e poi però devi uscire di casa e piombi nella realtà che ti circonda. Ti senti anche un po’ perso. O più semplicemente come quando trovi una ricetta sul web e poi cucini una schifezza totale e ti chiedi dove hai sbagliato.
Personalmente, ho persino una sorta di pudore a parlare in pubblico della Costituzione. La si deve leggere in casa e a scuola, e solo allora uscire di casa e parlare, lavorare, fare, agire e pensare in maniera pubblica. Forse bisognerebbe fare dei corsi di aggiornamento per tutti, particolarmente urgenti adesso che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sciolto le Camere, e magari renderli obbligatori per chi si vuol presentare alle prossime elezioni di marzo, con tanto di esamino finale a crocette. Vietato copiare.
Chi ha dei figli in età di voto ha ancora tempo per tentare di leggerla insieme e cercare di spiegare qualcosa a questi benedetti figlioli… Sarà dura convincerli che non gli abbiamo letto una favola. Ma sarà comunque meno dura di vederli partire per il fronte, come avveniva giusto (e appena) cent’anni fa.
Fabrizio Dassano