Nella guerra fratricida tra Conte e Grillo per il controllo del M5S è emersa una terza posizione, espressa dai torinesi Marco Travaglio (direttore de “Il Fatto quotidiano”, molto vicino ai Grillini) e Chiara Appendino (ex sindaca di Torino, oggi vice-presidente del Movimento). L’indicazione per l’Assemblea costituente M5S del 23-24 novembre, è netta: basta alleanze con il Pd, stiamo all’opposizione da soli. Per l’onorevole Appendino “l’abbraccio del Pd ha dimostrato di essere dannoso per noi”, come a Genova. Il “campo largo” va abbandonato. A sua volta Marco Travaglio, che non si è mai considerato di sinistra, insiste sull’autonomia del Movimento e addebita al Pd la crisi del governo Conte-due, sostituito dall’Esecutivo Draghi.

In concreto la linea Travaglio-Appendino, che appare vincente, rende per ora impossibile costruire un’alternativa al Governo Meloni, vanificando la proposta Schlein di alleanza organica di tutte le minoranze. Peraltro i cambi di percorso dei Pentastellati non sono una novità: dal Governo Conte-uno con Salvini all’intesa con il Pd sino all’interruzione dell’Esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi, d’intesa con Berlusconi e Salvini.

Spiazzata dalla “fuga grillina”, la segretaria dem Elly Schlein ha cercato di rimediare proponendo la costituzione di una “federazione di centro” alleata con il Pd; ma è subito scoppiata la lite su chi dovrebbe gestirla: si è candidato il sindaco di Milano Sala, su una linea laico-radicale; si è opposto Matteo Renzi, che con un’intervista ad “Avvenire” ha proposto una leadership cattolica.
Il nodo delle alleanze è politico e programmatico: come ha riconosciuto l’ononorevole Bettini, ex Ds e autorevole sostenitore della Schlein, non basta un Pd di sinistra per costruire l’alternativa. Il centro-sinistra vinse con Prodi per l’alleanza convergente di moderati, riformisti, radicali; soprattutto non vennero tagliate le radici delle tre componenti principali: socialista, cattolico-democratica, liberal-democratica. Dopo la vittoria della Schlein alle primarie, l’onorevole Guido Bodrato, autorevole esponente dei Popolari, aveva denunciato il rischio dell’isolamento a sinistra del Pd, proponendo la rinascita del Partito Popolare di modello sturziano, forza autonoma nel quadro del centro-sinistra, riformista, solidarista, laico con una cultura intessuta dall’esperienza cattolico-democratica.

La crisi del “campo largo” avviene paradossalmente in una fase di grande difficoltà del Governo Meloni, anzitutto per lo scontro frontale con la Magistratura sul tema delicatissimo dei migranti; emblematico il caso di Catania ove i giudici hanno respinto il rimpatrio di alcuni profughi in Egitto perché “Paese non sicuro”. Sorprende la difesa governativa dei vertici del Cairo dopo mesi e mesi di proteste sulla triste vicenda del giovane Regeni. Tanto rumore per nulla? Inoltre l’Esecutivo ignora il giudizio quasi unanime della Giurisprudenza sul prevalere del Diritto europeo su quello nazionale; è poi curiosa questa difesa anti-europea nel momento in cui la premier si batte per il sì dell’Europarlamento alla nomina del ministro Fitto nell’Esecutivo di Ursula von der Leyen. Permane la questione etica di fondo denunciata dalla Cei: i migranti sono persone, non pacchi postali tra l’Africa, l’Italia, l’Albania…

Altra questione delicata è il dibattito sulla legge finanziaria 2025, con ampi dissensi nella maggioranza, dal canone Rai allo spostamento di risorse dalla filiera dell’auto… alla Difesa. Sulla Rai lo scontro è tra la Lega, che vuole ridurre il canone a 70 euro, e Forza Italia che difende lo status-quo, anche per non indebolire il mercato pubblicitario di Mediaset; sull’auto il taglio delle risorse è inspiegabile in un momento di grave crisi del settore, con migliaia di posti di lavoro a rischio. Dulcis in fundo: la Meloni, in tv, si è impantanata nei calcoli sulla sanità, non riuscendo a smentire i suoi oppositori.

Dunque, se Sparta piange Atene certo non ride; il centro-sinistra è lacerato, il centro-destra presenta una gestione confusa del programma di governo, con una dimensione del giorno per giorno.
C’è tuttavia una novità istituzionale positiva con la scelta Meloni-Schlein di nominare in modo contestuale i quattro giudici costituzionali mancanti. La Consulta avrà nelle prossime settimane decisioni importanti sui referendum, in particolare quello sulla legge Calderoli (autonomia regionale differenziata). È invece accantonata in Parlamento la proposta costituzionale sul “premierato elettivo”: la Meloni teme il bis del voto sulla riforma Renzi, bocciata dagli elettori.