(Fabrizio Dassano)
Sono stato qualche giorno a Roma, dove ho felicemente terminato un corso di studi, un master annuale. La capitale è bellissima, come sempre. L’Università è nella zona di Forte Boccea, uno dei 15 forti che difendevano Roma nell’800.
Abituato all’Università pubblica a Torino di tanto tempo fa, resto basito: è la prima volta che entro in un università privata, lussuosissima. Dalla zona dove ho preso alloggio, nei pressi del capolinea Battistini, parte ogni mezz’ora una navetta riservata agli studenti: non mi sembra vero!
Tutto procede come meglio non potrebbe, sino alla mattina della partenza per il rientro a Ivrea (il sogno è finito!) combino già un disastro: la padrona di casa si era premurata di raccomandarsi affinché lasciassi le chiavi sul tavolo e mi richiudessi la porta dietro. Mentre esco ricevo una telefonata che mi distrae e ovviamente mi dimentico totalmente il precetto. Me ne accorgo quando sono già alla stazione Termini, una mano in tasca a stringere le chiavi non mie e l’altra a reggere il telefono dall’altro lato del quale la padrona di casa lamenta con forza la mia grande sbadatezza.
Ci resto male, era stata gentilissima ma ci accordiamo per rendere meno penosa la situazione. Chi mi accompagna mi definisce un “flagello” conoscendo puntualmente le mie sventure.
Con l’animo un po’ sollevato riprendo il viaggio di ritorno, l’importante è che in qualche maniera si possa risolvere. L’ottimismo sale con la soddisfazione della prova svolta e di essere tornato – non più giovane – a vivere ancora un esame di tesi, di confrontarmi ancora e rimettere in discussione le mie certezze.
Arrivato a Torino Porta Susa, riesco a prendere l’ultimo treno, il Regionale per Ivrea delle 22:28 che arriva alle 23:29 (altrimenti avrei dovuto aspettare il Regionale Veloce delle 4:54 e dopo aver cambiato a Chivasso, arrivare a Ivrea alle 6:04).
Un amico mi recupera alla stazione di Ivrea e mi porta a casa. Lo congedo con saluti e ringraziamenti e mi ritrovo sul pianerottolo, pregustando la doccia e il letto: ormai l’adrenalina è scemata, il sonno avanza, l’indomani mi attende una domenica di riposo e relax a cervello deconcentrato.
Infilo le chiavi nella toppa e la chiave gira a vuoto. Riprovo più volte, ma la serratura non funziona.
Richiamo il mio amico che torna, anche i vicini danno una mano offrendomi una lattina di svitol spray. Il mio amico che è molto robusto riesce ad aprire, ma nello stesso tempo il meccanismo della serratura si rompe definitivamente.
La porta è almeno aperta, entro, e vado a dormire: con un po’ meno relax e la sedia appoggiata alla porta, come Tex Willer.