Guida il cammino verso la Settimana Santa, la catechesi odierna che il Vescovo di Ivrea, Mons. Edoardo Aldo Cerrato, affida al web perché le sue parole possano raggiungere, oggi e nei giorni futuri, il popolo di Dio, lungo le strade che percorre.
Le parole del Presule si ispirano al Vangelo di San Giovanni (11, 1-45) che domenica scorsa, V di Quaresima, ci ha permesso di contemplare il misterioso, commovente e sempre affascinante affresco di Betania.
Che, a partire dal primo versetto, è chiaro nel dirci quali siano i protagonisti del racconto e dove la narrazione sia localizzata:
“In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato”.
Non sono persone qualsiasi; condividono, con il Divino Maestro, una condizione comune a tanti uomini e donne: l’amicizia.
Tanto che Gesù ne parla chiaramente, anticipando il suo proposito ai discepoli: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo».
Il Dio che condivide la nostra condizione umana non resta indifferente al dolore delle sorelle e del popolo, sicchè la Parola rivela, in una sorta di progressione emotiva, la vera umanità del vero Dio.
Gesù “Gesù allora, quando la vide piangere (…) si commosse profondamente (…) e molto turbato (…)”.
Ma non è ancora tutto, poiché, infine, sperimenta il tratto forse più distintivo della nostra umanità; Gesù, infatti: “scoppiò in pianto”.
Lacrime che contempliamo ancora – ma in tutt’altro contesto affettivo, non solo narrativo – nel Vangelo di San Luca (19, 41-42):
“Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: ‘Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi’”.
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Lacrime che hanno trovato, negli incomparabili versi di David Maria Turoldo, una lettura persuasiva, capace di darci ragione di quel “fiotto azzurro”.
Leggiamo:
Ma tu non avevi lacrime,
a noi invece era dato
piangere.
Questo, forse, ti ha sospinto tra noi?
Non ti apparteneva
il fiotto azzurro di queste
vene che pure
avevi scavato nella nostra carne.
Tu senza misteri,
tu senza il rischio di questa
esistenza sempre giocata
nell’incertezza del tempo defettibile,
nella continua paura
di non esistere.
Tu dovevi essere felice
e noi perduti.
Cosi sei venuto a cercare
i cibi delle tue creature maledette,
a farti
carne di peccato mentre ti donavi.
E ciò solo noi t’invidiamo: questo
potere tu perdonarci.
***
Ma ora ascoltiamo soprattutto le parole del Vescovo: buona visione e buon ascolto.