La scorsa settimana sono mancate due figure importanti nel panorama del commercio: Oredana Giubergia ed Ercolina Gerardi.
I cognomi sono quelli dei consorti, ma una volta, quando ci si sposava, il cognome del marito era quello con cui si era conosciute e riconosciute.
Oredana, di famiglia emiliana, era nata a Tronzano Vercellese; dopo il matrimonio, con Vittorio nel 1964 a Chivasso avevano rilevato la trattoria “Pesci vivi” di Camillo Fluttero, situata là dove ora sorge il palazzo che ha ospitato fino a poco tempo fa la caserma dei Carabinieri.
Poi aprirono in via Torino, nei locali dove si trovava il negozio dei fratelli Bovio, un’attività di produzione di pasta fresca, pasta ripiena e piatti pronti: era seconda solo alla gastronomia Carando, sotto i portici.
Vittorio nel retro a preparare i prodotti, lei al banco.
Il negozio era stato ristrutturato: il banco vendita sotto un finto portico, molti prodotti sugli scaffali intorno.
Poi, dopo aver ceduto a Franco Ullio “Il pastaio”, così si chiamava la bottega, si erano trasferiti a Castagneto Po aprendo il ristorante “La pergola”; da qui a “La pineta” di Brandizzo, e un altro locale in centro a Torino.
Poi la pensione e la vita tranquilla nella casa di via On. Tonengo. Oredana era di quelle donne che non mandano a dire niente a nessuno: lo diceva e basta.
Non aveva peli sulla lingua. La ricordo così.
Lei e il marito erano amici di famiglia, spesso nostri ospiti in montagna con tutti gli altri amici della combriccola che, ahimè, si è assottigliata e continua ad assottigliarsi.
Ercolina Gerardi ha passato molti anni della sua lunga vita dietro al banco della salumeria di via Torino, nella casa sul vicolo della Chiesa. Era, insieme a Cirimilin, un negozio storico, molto conosciuto e frequentato: vendita di salumi di produzione propria e carni suine.
Il laboratorio in via Don Dublino e la vendita in via Torino.
Il negozio era gestito dai fratelli Gerardi e lei, con le cognate, si occupava di vendita.
Quando l’attività commerciale è stata ceduta, Ercolina si è dedicata alla famiglia, marito e figlie.
Poi sono venuti i nipoti e lei ha aiutato le figlie, entrambi insegnanti elementari, a crescerli.
Era donna di grande fede, frequentava la chiesa quotidianamente, le Messe del mattino; pregava con assiduità Maria e pochi giorni prima del trapasso ha partecipato attivamente alla preghiera dell’Unzione degli Infermi.
Amava molto chiacchierare e si intratteneva spesso con le persone che conosceva, raccontando di sé e della sua famiglia.
Il suo sorriso buono e disarmante rimarrà impresso nella memoria dei molti che l’hanno conosciuta.
Franca Sarasso