Un gran numero di ferrovieri si sono dati appuntamento, giovedì scorso, alla chiesa di San Giuseppe Lavoratore per porgere l’ultimo saluto a un amico e collega amatissimo: Giovanni Piermartiri, mancato la sera del 1º maggio.

Nativo di Fabriano, e approdato a Chivasso nel 1964 perché vincitore di concorso per il Genio Ferrovieri, era molto conosciuto.

Dopo il congedo dall’esercito aveva messo radici a Chivasso, come tanti altri giovani, perché vi aveva trovato l’anima gemella, Rita, che lo ha seguito con tanto amore e dedizione anche negli ultimi anni di malattia, molto dolorosi.

Due figli, una vita vissuta a bordo di locomotori prima, poi come capo deposito, responsabile di macchine e personale; la scelta di mettersi in gioco come dirigente della Fortitudo Volley, quando i figli vi giocavano, i pomeriggi passati a “La tola” a giocare a carte, dopo la pensione: questo, in sintesi, Giovanni.

Lo ricorda così Adriano Pasteris, prima giocatore e poi allenatore della Fortitudo: “Una persona gentile e cortese, sempre pacato e sorridente, pronto a sdrammatizzare se perdevamo e a festeggiare se vincevamo. Per i ragazzini era punto di riferimento e per gli allenatori interlocutore gradevole e competente. A fine gara arrivava col suo sorriso a congratularsi, a dare una pacca sulle spalle a chi era triste, a raccogliere sensazioni per poi parlarne col garbo che lo contraddistingueva”.

Il figlio Paolo, nel salutare il padre durante il funerale, ha ricordato due episodi molto particolari.

Una volta, poiché la famiglia abitava e abita vicino alla ferrovia, sentì il babbo chiamare i figli, dal locomotore su cui lavorava, perché salissero sulla macchina per portarli, in cabina, fino in stazione.

Un’altra volta, durante una passeggiata in montagna, Giovanni passò al figlio un messaggio morale: “Ricordati – gli disse – che nella vita dovrai essere sempre te stesso! Non dovrai farti influenzare, ma usare sempre la tua testa”.

Anche don Tonino Pacetta ha avuto parole di stima per il defunto che conosceva bene: “Dio getta sempre un ponte fra Lui e noi perché Gli sia più facile raggiungerci: perché spesso non siamo in grado di andare da Lui. Anche in fondo al tunnel buio della morte c’è sempre la Sua luce che ci attende. Giovanni è salito su una carrozza su cui viaggerà d’ora in poi, e ci attende tutti”.

Franca Sarasso

Redazione Web