Fra le difficoltà che attanagliano i nostri tempi si è diffusa la mania di controllo della situazione. Vogliamo sapere precisamente come andrà ogni aspetto della nostra giornata, viviamo costantemente rivolti al futuro e ci impegniamo a programmare nei dettagli cose che faremo tra svariati mesi (pagando in anticipo tutto ciò che c’è da pagare, s’intende). Le agende, ormai per lo più digitali, ci avvertono a suon di notifiche di scadenze vicine e lontane.

La situazione, se protratta e portata all’estremo, non è ovviamente sana: siccome le cose non vanno sempre come noi vorremmo, il risultato è un misto di frustrazione e inquietudine e si entra, a volte, in un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

Come in tanti altri casi, la Parola del Signore mette in discussione i nostri modelli di comportamento e ciò avviene in misura ancora maggiore quando Gesù racconta, in parabole, che cos’è il regno di Dio, luogo in cui le logiche umane sono spesso sovvertite.

Gli esempi del Vangelo di questa domenica lo dimostrano: l’uomo del primo racconto getta il seme sul terreno, e questo è fondamentale, ma poi il terreno produce spontaneamente un frutto maturo e perfetto; come, egli stesso non lo sa, ma può ugualmente mietere e raccogliere. Allo stesso modo, non è detto che un piccolo seme dia un piccolo frutto (questa è la logica umana); nel regno di Dio il più piccolo di tutti i semi può diventare la più grande di tutte le piante dell’orto e perfino accogliere dei nidi.

Vivendo un po’ di più secondo la prospettiva di questo regno potremmo forse liberarci dalla programmazione esagerata del nostro futuro, perché, come ha scritto Manzoni: “Si dovrebbe pensare più a far bene che a stare bene: e così si finirebbe anche a star meglio”.

 

Mc 4,26-34

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.
Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.