Quello di oggi è un brano tratto dal “Discorso Escatologico” di Gesù. Vale a dire quel discorso, che viene ripreso con ragionevoli differenze da tutti e tre i vangeli sinottici, che tratta delle cose ultime, o se vogliamo del senso delle nostre vite in relazione alla fine del Mondo, al Giudizio Finale e al momento in cui saremo chiamati a rendere conto delle nostre azioni. L’escatologia neotestamentaria si gioca sul “già e non ancora”, su di una realtà già presente eppure inestricabilmente legata a cose future.

Sull’attesa di un regno che è già presente ma che ancora deve venire, sul prepararsi a persecuzioni che saranno ma che già ci sono, nell’aspettare una consolazione che dovrà venire ma che già è presente. Il linguaggio è apocalittico, vale a dire “metaforico”, nel senso che ciò che ci viene presentato è una rivelazione divina che viene fatta attraverso un linguaggio ad immagini, che va oltre il senso materiale e ovvio delle parole che leggiamo. Luca è, fra i tre evangelisti, quello che ci dà un quadro più concreto e attualizzato.

Io credo che, essendo un discorso estremo (a proposito delle cose ultime), occorra paradossalmente prenderlo in due modi che sono estremi e opposti: con un’assoluta semplicità, una fiducia che non si fa domande ed una leggerezza da bambini, e insieme o in alternativa con una serietà e una ponderatezza fuori dal comune, un’attenzione sensibilissima a ogni parola e una riflessione sterminata su ogni versetto.

Chi può, perché per lavoro o per passione si accosta alle lingue classiche e alla letteratura Giudaica, si senta invitato a non scendere a facili conclusioni e a lasciarsi aperte sempre tutte le porte nel tentare di capire questo testo così complesso.

Chi non può, perché per scelte di lavoro o per inclinazioni non si accosta a questi temi, eviti di prendere di pancia il problema e si senta invitato a leggere questo brano con la massima leggerezza. Per leggerezza intendo semplicità.

La ragione di questo mio, se vogliamo paradossale, invito è che queste tematiche sono davvero troppo complesse per essere affrontate con una cultura “media”, e stare nel mezzo porta al rischio di confondersi, sviare, perdersi o credere di aver capito tutto quando non si è capito niente. La cosa migliore resta dunque o avere i modi di dedicare davvero un impegno non comune a questi argomenti, o cercare di leggerli con la massima semplicità possibile.

Questo non vuole essere un invito a non farsi domande, ma un invito alla cautela, e al rispetto.

un giovane della diocesi

 

(Lc 21,5-19) In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta». Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine». Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto».