Sei stato fedele nel poco, prendi parte alla gioia del tuo padrone

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

(Elisa Moro)

Nella penultima Domenica dell’anno liturgico, la Parola di Dio ricorda la provvisorietà dell’esistenza dell’uomo, che “è come un soffio e i suoi giorni come ombra che passa” (Sal. 144, 4), invitando a viverla come un continuo pellegrinaggio, tenendo lo sguardo rivolto a quel Dio che ci “ha fatto per sé” (S. Agostino, Conf. 1,1). L’apostolo Paolo ricorda che “il giorno del Signore verrà come un ladro di notte” (1 Ts 5,2), per questo occorre fervente vigilanza, nella consapevolezza che il Signore ritornerà glorioso.

Nella nota parabola dei talenti, proposta dal Vangelo di Matteo, Gesù racconta di tre servi ai quali il padrone, al momento di partire per un lungo viaggio, affida le proprie ricchezze. Questi servi rappresentano ogni cristiano, consapevole della assoluta dipendenza verso il Creatore, al punto che, persino la più alta delle creature, Maria Santissima, ha potuto dire: “ecco la serva del Signore” (Lc. 1,38).

Commenta a riguardo Sant’Alfonso de’ Liguori: “di tutti i beni che da Dio riceviamo, nessuno di essi ci appartiene a titolo di proprietà, poiché siamo soltanto loro amministratori (servi)” (Opere Ascetiche, II, 642).

Ecco l’insegnamento profondo di questo brano, espresso magistralmente dalle parole di Papa Benedetto: “Dio chiama ogni uomo alla vita e gli consegna dei talenti, affidandogli una missione da compiere”. Non si può quindi pensare che “questi doni siano dovuti, così come rinunciare ad impiegarli sarebbe un venir meno allo scopo dell’esistenza” (Benedetto XVI, Angelus 13/11/2011).
Dio ha affidato doni preziosi, in misura differente, a ciascuno, poiché ogni individuo è irripetibile e “vocato” ad una particolare missione; dunque “che nessuno dica: ‘Ho soltanto un talento, non posso far nulla’. No! Con un solo talento, puoi anche tu esser glorioso” (San Gregorio Magno, Homilia 73) e solo fruttificando il dono ricevuto, si è realmente figli, uomini a immagine e somiglianza del Creatore.

È questa la meravigliosa scoperta, quella di essere stati pensati per un progetto d’amore unico dal Padre: “Dio mi ha creato perché gli rendessi un particolare servizio; mi ha affidato un lavoro che non ha affidato ad altri. Ho la mia missione. Non mi ha creato per nulla. […] Avrò, perciò, fiducia in lui. Egli non fa nulla inutilmente; può prolungare la mia vita, può abbreviarla; sa quello che fa”. (John Henry Newman, 7 marzo 1848).

Mt 25,14-30 (Forma Breve 25, 14-15.19-21) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti,
a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”».