(Ferdinando Zorzi)
“L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono”.
Con questa celebre frase il filosofo greco Protagora, vissuto nel V secolo a.C., sollevò un ampio dibattito già nell’antichità. Fu uno dei principali esponenti della corrente dei sofisti e, in un certo senso, il fondatore del relativismo. Benché le sue tesi fossero state confutate fin dai suoi contemporanei, ad esempio da Platone, l’idea che il singolo individuo (questo probabilmente intendeva Protagora con “uomo”) possa interpretare soggettivamente la realtà ha percorso i secoli ed è giunta fino a noi, dove, almeno in Occidente, ha oggi un largo seguito.
Anche senza entrare in discorsi sui massimi sistemi, si sentono abitualmente concludere le discussioni con frasi come: “Io resto della mia opinione, tu della tua (magari opposta): vanno bene entrambe e amici come prima”.
Il ragionamento del credente è ovviamente diverso, in quanto ritiene che esista una Verità e che essa sia stata rivelata. Nel Vangelo di questa domenica è Gesù a proporsi come “misura di tutte le cose”, in particolare dell’amore.
Il Maestro, parlando agli apostoli, chiede di commisurare ogni amore umano all’Amore divino, fino a conformare la vita stessa, e il suo senso, a Lui. Con tale metro di giudizio (riprendendo proprio il termine metron, prima tradotto con “misura”) l’uomo è in grado non solo di uscire dal relativismo, ma anche di accogliere correttamente i suoi simili, riconoscendo i profeti, i giusti e tutti i discepoli del Signore.