Il passo di oggi, nella sua semplicità, ci fa fare una riflessione profonda sul rapporto fede-opere. Sarebbe troppo lungo anche solo accennare al secolare dibattito che, anche in cuore all’ortodossia cattolica, si è infiammato circa l’utilità delle opere per la Salvezza. Non saranno queste nostre righe ad essere decisive in questo dibattito, ma mi si lasci dire una cosa: a volte sono le cose più semplici la soluzione ai dibattiti più complessi, e questo potrebbe essere un caso. La Fede può tutto, la metafora di Gesù è più che efficace per esprimerlo. Eppure, perché subito dopo il Signore parla di opere? E come ne parla? Ne parla come di cose necessarie ma non di per sé significative.
Finito di fare il nostro dovere non abbiamo meriti: abbiamo solo fatto il nostro dovere. Se non l’avessimo fatto noi l’avrebbero fatto altri, o Dio avrebbe trovato un altro modo, nella Sua onnipotenza. Se nella Sua misericordia ha voluto avvalersi del nostro aiuto, questo è per noi e non per Lui. E dunque, semplicemente adempiendo a questo compito, che merito potremmo avere?
Eppure subito dopo parla di opere, dopo aver parlato di fede. Forse che le opere siano così intrinsecamente legate alla fede che, sebbene di per loro non sufficienti né significative in relazione alla salvezza, senza di esse la Fede sia “morta”.
Appare evidente anche nelle cose più semplici: nessuno s’innamora di sua moglie perché questa gli sta accanto in un momento di difficoltà o gli presta aiuto, questo lo fanno anche gli amici, siamo tutti d’accordo che l’amore sia molto di più, ed è questo infine che unisce una coppia. Eppure senza quelle opere l’amore sarebbe palpabile? Sarebbe vissuto? Sarebbe vero? È ormai retorico il fatto che l’amore non vada comunicato a parole ma vada dimostrato. E la fede? La fede è la stessa cosa, con una differenza; che non dobbiamo dimostrarla a Dio, ma impegnarci a viverla per farla nostra, e per fare noi suoi. Quindi, le opere non sono niente, sono il minimo sindacale, il minimo che ci sia richiesto, “il minimo che ci si può aspettare da noi”. Eppure, senza quelle opere la nostra fede in che senso esisterebbe?
Preghiamo dunque che il Signore accresca la nostra fede, perché compiuti tutti i nostri compiti non abbiamo meriti, l’unico merito che è quello che Egli stesso ci dona. Preghiamo il Signore che aumenti la fede, perché spesso non è scontata, ed è meno di quella che pensiamo che sia.
Ma non dimentichiamoci neanche i nostri doveri comuni, che non possiamo dimenticare.
un giovane della diocesi
(Lc 17,5-10)
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».